domenica 5 aprile 2020

Il Complottista










C’era una volta, molti e molti anni or sono, un “Linguaggio umano” pressoché parlato e compreso dalla maggior parte degli uomini. Le Parole di cui era composto – lo si sapeva bene – avevano un’origine sacra: provenivano dal Verbo, o Azione Primordiale, vera e propria Forza Attiva creatrice di mondi che, attraverso il Suono, aveva originato prima le forme, dalle forme gli enti (o le cose) e, riecheggiando poi attraverso la laringe degli esseri umani, si era fatta linguaggio.
Un codice, quello verbale, che attraverso le parole di cui era composto in quei lontani tempi, evocava la Verità. Un idioma al quale bastava abbandonarsi con fiducia per ritrovare, almeno in parte, il senso del proprio esistere nell’esilio terreno. Le parole erano magiche!

Nella clessidra cosmica del Tempo, però, la sabbia disperdeva inesorabile i suoi granelli e ad ogni rotazione di 180° si estingueva un’era e una nuova ne iniziava, ma sempre più dimentica delle proprie origini divine. Così, piano pianino, il linguaggio umano degenerò perdendo l’originale corrispondenza tra il suono e il suo significato.
Esseri Oscuri, che da tempo immemore anelavano a impossessarsi del creato, giudicarono opportuno approfittarne: si fecero pressanti sull’anima degli uomini e, fingendo di esaltarne l’acume cerebrale, restaurarono l’antica Babilonia. Bastò Loro manomettere lo “specchio riflettente” dell’uomo e le parole persero definitivamente la corrispondenza con i suoni dai quali erano state originate, i suoni persero la forma che apparteneva loro fin dagli albori del tempo e, con la forma, si disperse il significato a cui prima rimandavano. Gli Esseri Oscuri esultarono: nessun uomo più comprendeva l’altro… il sospetto e il dubbio erano la regola e nella dissoluzione di ogni concetto o principio di riferimento gli umani persero di vista quel traguardo di fraternità, amicizia, complicità e coesione che erano stati sfidati a raggiungere. La vita sociale degenerò.

Questo lo sfondo della storia che stiamo per raccontare.
Soltanto pochi decenni fa la parola: Paranoia faceva parte della nosografia psichiatrica e con essa si intendeva una psicosi caratterizzata da un delirio cronico, basato su un sistema di convinzioni, principalmente a carattere persecutorio, non corrispondenti alla realtà. Questo sistema di convinzioni si manifestava sovente nel contesto di capacità cognitive altrimenti integre. La paranoia non era quindi un disturbo di ansia, bensì appunto una psicosi. Si trattava in sostanza di disturbi del pensiero (giudizio distorto, sbagliato) di cui il paziente non era in grado di prendere coscienza. Alcuni studiosi ritenevano, perciò, forse non a torto, che in questi soggetti avvenisse una destrutturazione della “coerenza” implicita e necessaria nei sillogismi che sono alla base del ragionamento comune (la deduzione aristotelica). Così che, tanto per fare un esempio classico, mentre nella persona di sano intendimento il sillogismo si sviluppa nel seguente modo:

“Socrate è un uomo
Tutti gli uomini sono mortali
Socrate è mortale”

Nel paranoico lo stesso sillogismo avrebbe potuto facilmente distorcersi in

“Socrate è un uomo
Tutti gli uomini sono mortali
Tutti gli uomini sono Socrate”

Come si può osservare, la perdita della “coerenza” tra premessa maggiore affermativa o negativa, e premessa minore (o secondaria), distorcerebbe la conclusione necessaria che da quella coerenza dovrebbe derivare.
E adesso aggiungiamo al disturbo cognitivo così caratterizzato del paranoico:
1) una delirante convinzione di essere perseguitato che, quasi sempre, rappresenta una sorta di degenerazione patologica di tratti caratteriali come pregiudizio, diffidenza e insicurezza (perdita del controllo) di oscura derivazione (forse reattiva, forse endogena)
2) una totale mancanza di modestia (forse compensatoria)
3) una inattaccabile rigidità dei meccanismi di difesa (negazione e proiezione) con i quali il paranoico sempre difende il proprio io… 
Come risulterà evidente a chiunque, il risultato di questa diabolica combinazione sarà che tutti quegli eventi che da una persona normale potrebbero essere considerati fortuiti o casuali per un paranoico saranno quasi sempre intenzionali e criminali.
Prendiamo adesso in considerazione un'altra caratteristica della Paranoia, forse la più importante ai fini del racconto che stiamo narrando: l’estrema difficoltà, anche in sede psichiatrica, di distinguere con chiarezza la soglia dove una legittima paura, un lecito sospetto o un accettabile dubbio di una persona, sconfini di fatto nel delirio. Così, ad esempio, dove si situa il confine tra un reale e scorretto pregiudizio di un insegnante nei confronti di un allievo e la convinzione delirante di quello stesso allievo che l’insegnante lo abbia preso di mira? Ma saliamo di livello: qual è il confine che giustificherebbe la paura o il sospetto di un Presidente o di un Capo di Stato di poter essere allontanato dalla scena politica se non addirittura di essere eliminato, da una condizione, invece, patologica di delirio di persecuzione che sembra far parte, oggi, della struttura caratteriale di molti politici moderni? Come già detto, è davvero difficilissimo distinguere tra delirio e legittimi sospetti, anche e soprattutto perché la moderna realtà nella quale tutti viviamo è estremamente complessa e presenta una quantità tale di sfaccettature (chiare ma anche oscure) che pochissimi osservatori potrebbero presumere a pieno diritto di saperne abbracciare la totalità. E questo è valido anche per gli psichiatri i quali, pur senza rendersene conto, potrebbero aver aderito ad una visione del mondo collettiva sì, ma anche ridotta e, su quella base, condannare alla follia spiriti insigni dallo sguardo spregiudicato.
Attenzione, però. Con le righe di cui sopra non si vuol negare la necessità e la possibilità di riuscire a intravedere la soglia di demarcazione tra delirio e legittimi sospetti… si voleva solo sottolineare l’estrema delicatezza della differenziazione e la necessità, in colui che fosse chiamato a ratificarla, di apertura interiore, elasticità, spregiudicatezza e tanta tanta esperienza.

Oggi, però, tutte queste raccomandazioni risultano superflue. Il termine Paranoia, infatti, è entrato nel gergo comune, ha perso tutte le sue sfumature nosografiche e con la complicità dei giovani che sono sempre alla ricerca di elementi che distinguano la loro generazione da quelle precedenti, in pratica viene affibbiato a destra o a manca: basta soltanto che il pensiero di qualcuno si discosti o metta in dubbio la realtà condivisa dai più… e il giudizio è pronunciato. La coscienza collettiva non tollera divagazioni, dubbi, perplessità o sospetti. Figuriamoci critiche, denunce o scomode accuse.

E adesso facciamo ancora un passo e affrontiamo il termine: Complottista. 
Cominciamo andando ad aprire una vecchia e affidabile enciclopedia di fine anni ’80… e scopriamo che con il termine “complotto” si indicava: “Congiura, intrigo, macchinazione ai danni delle autorità costituite o di privati” e che “complottisti” o “congiurati”: “sono coloro che organizzano un complotto ai danni di… ecc..”
Così le vecchie enciclopedie. Ma da qualche decina di anni, sempre a causa del disfacimento del senso e del valore del linguaggio, si fa strada una nuova definizione e come “complottista” finisce per essere qualificato non più chi trama una congiura, bensì colui che tende a interpretare ogni evento come complotto pur non possedendo alcun fondamento, essendo questo atteggiamento più che altro la risultante di una fissazione o mania.
Questo è quello che si trova oggi su qualunque enciclopedia digitale (compresa la Treccani).
È importante notare qui il salto logico: il complottista non è soltanto un individuo che vede complotti ovunque, ma è “fissato” su questa idea, il complotto è diventato per lui una magnifica ossessione, quasi una “mania”. Nel senso comune, dunque, il complottista ha finito per essere visto come “malato”, un individuo psicologicamente fragile se non addirittura un folle.
Il “complottista patologico” è ben descritto nel film di Richard Donner “Ipotesi di Complotto”, dove il protagonista interpretato da Mel Gibson è così ossessionato da queste teorie da accettarle tutte come attendibili e cercare cervellotici collegamenti per arrivare a descrivere un unico grande complotto mondiale. Salvo poi essere rapito dalla CIA che già in precedenza lo aveva sequestrato per effettuare su di lui alcuni esperimenti… segreti, si intende.
A questo punto il lettore più attento avrà notato una sorta di sovrapposizione: in maniera sottile è come se il concetto di “Paranoico” fosse diventato intercambiabile con il concetto di “Complottista” e in tale gratuita distorsione è passato nel linguaggio comune. Ma dato il fatto che non siamo più nell’ambito di un pensare accorto e misurato, all’interno del quale – come ho scritto più sopra - dovrebbe sempre essere considerata l’estrema difficoltà di individuare la soglia dove un dubbio potrebbe avere una sua legittima ragione di esistere, il linguaggio comune usa ed abusa tale termine come fosse un’accusa infamatoria. Essere complottisti, oggi, significa essere ingenui, sciocchi o nevrotici fissati, in cerca di una qualsiasi originalità.
La psichiatria moderna da una mano alla confusione creatasi e così, con una presa di posizione che lascio giudicare ad altri se stupida, o arrogante, o ingenua, o in malafede, due psichiatri britannici, Daniel Freeman dell’università di Oxford e Richard Bentall dell’università di Liverpool, pubblicano uno studio intitolato “The concomitants of conspiracy concerns” nel quale sembrano voler fare “di tutta un’erba un fascio” e i cui risultati, riportati da un articolo divulgativo sul Guardian possono essere così riassunti:
“… i complottisti sono prevalentemente maschi single provenienti da bassi livelli socio-economici; tendono a soffrire, molto più della popolazione generale, di disturbi d’ansia e di deficit dell’attenzione, di fare abuso di alcol e di droghe. Tutte situazioni che spesso contribuiscono a una bassa autostima”.
Dell’assoluta necessità, oggi più che mai, di complessi distinguo, di cautela, di spregiudicatezza e apertura mentale, neanche a parlarne.
A meno che non si vogliano interpretare le parole dei due professoroni inglesi nel senso che chi non è maschio single, non soffre d’ansia e deficit dell’attenzione, non fa abuso di alcol e di droghe e può contare su un discreto livello di autentica autostima, allora può stare tranquillo: le sue affermazioni, anche se discoste da pensiero comune, non saranno mai tacciate di complottismo.
Insomma… con la destrutturazione e l’evanescenza del linguaggio, la confusione regna sovrana.
D’altronde, si sa… l’uomo della strada non è portato a sospendere il giudizio (la così detta epochè dei greci) né a pensare che le cose possono essere in un modo, ma anche in un altro. Piuttosto, nella popolazione nascono due posizioni estreme e contrapposte, apparentemente inconciliabili:
1) Il complottista, nelle cui fila militano sia individui più o meno disturbati ma, oggi in sovrannumero, soprattutto intellettuali, giornalisti free lands, premi Nobel, affermati ricercatori scientifici, professionisti più che accreditati in medicina, biologia,fisica, ingegneria e artisti di varia fama. È ovvio che tutti questi ultimi di nevrotico non hanno proprio nulla… ma la loro esclusione dal consesso scientifico e pubblico è dovuta solo ed esclusivamente al fatto di camminare nel dubbio e di avanzare critiche al Pensiero Unico.
2)Il giustificazionista che, per quieto vivere, accetta la visione della realtà proposta dalla politica e dai media, respingendo per dogma di fede ogni possibile alternativa. Per i giustificazionisti è intollerabile il dubbio, l’incertezza, o anche solo il sospetto che organi del Potere Economico o Politico possano usare il popolo per interessi personali e/o scopi necrofili. Nessuno di loro è disposto ad accettare il fatto che il concetto di complotto oggi potrebbe essere ribaltato, e che la macchinazione potrebbe non essere più volta a rovesciare il Potere, ma potrebbe essere stata orchestrata dal Potere stesso ai danni della gente comune.

Resta un ultimo paradosso da evidenziare: sempre escludendo gli individui fortemente disturbati nelle fila dei moderni complottisti (perché è ovvio che ce ne siano) quello che si può osservare che sono proprio loro, i complottisti, le persone più tolleranti, più pazienti e comprensive nei confronti dei loro avversari. Perché in fondo sanno che ciò che anima i loro nemici è la paura, la povertà dei loro mezzi di conoscenza, nonché il desiderio di sicurezza e di tranquillità, per realizzare i quali sono disposti a pagare qualunque prezzo. Anche la perdita della propria libertà.
Purtroppo, sono invece questi ultimi, i più intolleranti, i più rigidi, i più inferociti, perché non potendo tollerare alcuna minaccia al proprio fantasioso mondo di giustizia e bontà (sono i succubi del “Mulino Bianco”), sono sempre pronti ad umiliare, ingiuriare se non addirittura denunciare o aggredire chiunque voglia ridimensionarlo ai loro occhi.

Non credo esistano vie semplici per dirimere questa grande frattura prodottasi nel tessuto sociale. Ma una soluzione ci sarebbe: coltivare una nuova coscienza fondata su un pensare non più ancorato al sistema neuro-sensoriale. È quello che la scienza dello spirito ha indicato come Pensiero Vivente, l’unica attività interiore dell’uomo in grado di esaminare il “dato” in quanto semplice “dato” che necessita della contemplazione pensante dell’uomo per manifestare la complessità a cui rimanda.
Perché il “dato è dato al pensiero”, ci raccomandò di ricordare sempre Massimo Scaligero, ma solo un pensare in grado di risalire alla propria fonte di vita può sperare di coglierne la Verità in tutta la sua portata. 

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