sabato 28 marzo 2020







Con queste parole non ho alcuna intenzione di mancare di rispetto al Mantra dal quale le ho riprese, ma ho voluto solo sottolineare che molto probabilmente, come umanità, ci troviamo davanti a una svolta molto significativa. Più significativa di tante altre che, comunque, in un modo o nell’altro, abbiamo già attraversato. Stiamo vivendo in un momento storico le cui determinanti sono molto complesse e suppongo che occorreranno molti sforzi e molto tempo per riuscire ad osservarle tutte. Perciò questo articoletto vuole offrire soltanto degli spunti che, magari tra i tanti altri, ci porteranno un giorno a comprendere di che cosa siamo testimoni.

Ho esercitato come psicoterapeuta per quarantacinque anni e credo perciò di poter affermare, in piena coscienza, che mai avevo avuto modo di osservare un panorama anche soltanto lontanamente simile a quello che in questi giorni sto osservando.
Mi riferisco, è ovvio, alla pandemia che da mesi sta imperversando ma che sto provando ad osservare da un punto di osservazione tutt’altro che ordinario.
Cercherò di spiegarmi meglio.
Il virus che sta dilagando in Italia e nel resto del mondo, a prescindere dal fatto che esso sia il risultato di una mutazione naturale o di una manipolazione genetica, è una ben precisa realtà… e i suoi effetti per la vita e la salute corporea di tutti noi sono (statisticamente parlando) più o meno gravi. Ho scritto “più o meno” perché i dati che ci vengono forniti non sono attendibili, ed è possibile che il numero dei decessi sia almeno in parte sovrapponibile a quello dichiarato negli altri anni. Ciò nonostante sembra innegabile la sua velocità di propagazione (anche se a prescindere dalle cause che la determinano: 5G? Polveri sottili?) e, soprattutto, la sua aggressività (ma sempre a prescindere da cause non ancora chiare: gravi stati di panico che annichiliscono il sistema immunitario? Vaccinazioni pregresse? Predisposizione per età o altre malattie?).
Certo, invece, è lo stato di emergenza e la non possibilità del Sistema Sanitario Nazionale di fargli fronte, a causa degli sconsiderati tagli economici subiti in quest’ultimo decennio che hanno messo in ginocchio una delle tante eccellenze italiane.
Insomma: ci troviamo in questa situazione che, occasionando una restrizione pressoché totale delle libertà individuali, ci costringe a rimanere reclusi nelle nostre case.
Ma non è di questo che intendo scrivere perché, come avrebbero detto gli scrittori o i giornalisti di una volta: già copiosi fiumi di inchiostro sono stati spesi per raccontare tutto e il contrario di tutto ciò che sta accadendo sotto i nostri occhi. Oggi spendiamo bit… ma in fondo è la stessa cosa.
Quello che invece mi sembra interessante è provare a descrivere quello che sta avvenendo nelle anime delle persone ma, ancora una volta, a prescindere dalle dotte dissertazioni già pubblicate sulle dinamiche della paura e dell’ansia, su quelle del bisogno di molti di riuscire a trovare un “Capro Espiatorio” su quale scaricare la propria rabbia inespressa o su quelle, invece, di ubbidienza cieca promessa a una “Qualche Autorità” forte, pur di allontanare da sé qualsiasi pericolo. Anche su tutto ciò mi sembra che sia stato scritto abbastanza.
No! Piuttosto, il panorama che mi sembra di scorgere e di cui vorrei raccontare è rappresentato dal fatto che “l’evento Coronavirus” sembra essere riuscito a slatentizzare un immenso materiale psichico che, prima di questa terribile avventura, giaceva seminascosto sotto il tappeto della sala di rappresentanza dell’anima di tutti noi. In un modo o nell’altro, il rimosso è uscito allo scoperto e si sta affacciando dai balconi. Ma non per cantare “Fratelli d’Italia”, bensì per costringere tutti noi a fissare lo sguardo sul “buco nero” più o meno piccolo che tutti ci portiamo nell’anima.
Vorrei cominciare, pertanto, con un ossimoro non verbale, ma immaginifico: per quanto paradossale possa sembrare, molti di coloro che erano già da tempo in terapia stanno rispondendo meglio alla pandemia che non la maggior parte delle persone così dette “sane”. Certo non tutti. E di certo, per sostenere questo assunto, mi occorrerebbe poter fare una statistica comparativa più ampia di quella che sono in grado di fare. Per cui bisognerà che il lettore si accontenti di una mia valutazione intuitiva, anche se pur sempre basata – come avrebbe voluto Goethe - sul dato dell’osservazione.
D’altra parte, è pur vero che questo elemento paradossale era già stato osservato da molti dei miei colleghi psicoterapeuti in tempi non sospetti, se uno di loro, particolarmente creativo, mesi addietro aveva addirittura fatto girare su FB questa deliziosa storiella:

“Tutti i giorni mi capita di incontrare persone terribili!
Per fortuna poi arrivo a studio
e incontro i miei pazienti.”

Non conosco il collega che l’ha inventata ma, di sicuro, ha ben interpretato una nostra opinione comune. Perché quello che noi riconosciamo a tutti i nostri pazienti, anche a quelli che non riusciranno ad usufruire al meglio dell’avventura psicoterapica, è di aver avuto avuto il coraggio, l’enorme coraggio di mettersi in discussione e di provare a guardare il Drago negli occhi.
Credo perciò che l’apparente paradosso di cui sto parlando sia determinato da questo semplicissimo dato di fatto: le persone in terapia sono già in guerra con i propri fantasmi! Hanno sollevato il tappeto, si sono armati di ramazza e stanno provando a fare pulizia. Alcuni ce la faranno. Altri, forse, non otterranno il risultato voluto… ma ci hanno provato, o ci stanno ancora provando e, questo, è ciò che davvero conta. Per quanto affranti o spaventati dai propri “parassiti animici” hanno trovato il coraggio di guardarli negli occhi. Sono tra le persone più coraggiose che si possa immaginare, perché avere coraggio non significa affatto non avere paura, bensì combattere la propria paura afferrando con l’Io una Volontà di profondità che non si lascia intimidire dall’apparente sproporzione di forza. I “parassiti animici” sono davvero molto possenti, perché in realtà succhiano la loro forza dall’energia vitale dell’anima a cui si sono attaccati. E, bisogna pur ammetterlo, il pensiero cerebrale, astratto e dialettico che di solito gli si oppone non è in grado di fronteggiarli. Occorrerebbe un altro “pensare”… Tuttavia la “comunione di terapeuta e paziente” a volte scompagina le forze in gioco, e il miracolo si realizza.
Ma anche a prescindere da questo, io credo che sia questo il motivo per cui “l’evento Condivirus”, con il suo improprio carico di morte, di paura, di isolamento, d’inimmaginabili conseguenze sul piano economico e politico, non abbia colto molti pazienti psicoterapici impreparati: loro erano già in guerra con sé stessi e, chi più chi meno, avevano già smesso di raccontarsi menzogne.
E così, nel mio piccolo, registro che alcuni pazienti, affetti da una serie di squilibri psichici che si scaricavano sul corpo, creando sintomi invalidanti e persistenti, costretti a fermarsi… stanno meglio! I dolori sono scomparsi o, come minimo, sono attenuati. Una sorta di calma piatta ha preso il sopravvento e ha tranquillizzato la mente e il corpo. Le ristrettezze imposte hanno realizzato ciò che il pensiero ordinario era incapace di realizzare.
E ancora, paradosso tra i paradossi, vengo a conoscenza che addirittura alcuni ipocondriaci si sono placati… come se, di fronte al pericolo reale, i timori assurdi e privi di contenuto si fossero volatizzati. Perché adesso il nemico è lì, pur nella sua invisibilità, perciò bisogna rimboccarsi le maniche e combattere sul serio.
Registro di persone che hanno trovato il tempo di guardare più intensamente e profondamente in sé stesse e, di fronte ad una emergenza la cui violenza non è comparabile alle fisime sciocche ed inutili che prima le occupavano, assaporano un maggior equilibrio. Intravedono una luce là dove prima c’era solo il buio.
Registro persone che, con timidezza, si riaccostano al mondo dello spirito. Non tanto alla religione, quanto piuttosto a intuizioni velate sulla natura spirituale ultima del mondo, sul significato sacro della vita e sul mistero del proprio destino.
Registro una rinnovata voglia di comprendere meglio sé stessi e le persone che ci circondano, il desiderio di conoscere la verità e di smettere di credere alle favole che i Padroni del Mondo si sforzano di promulgare.
Certo… registro pure cedimenti, regressioni apparentemente ingiustificate, recrudescenze dell’ansia e dell’angoscia, stati di agitazione. Ma sono fenomeni che ben si inseriscono in uno squilibrio già riconosciuto, in un malessere che non può sorprendere e in una difficoltà del vivere con la quale, da tempo, si stavano facendo i conti.

Tutt’altra cosa per chi, nell’epoca dell’anima cosciente, non ha mai seriamente pensato di mettersi in discussione. Qui, “l’evento Condivirus” sta facendo stragi. Perché la sua invisibilità (propria dei fantasmi), la sua potenziale violenza, l’isolamento assoluto a cui costringe, almeno per il momento, le fosche previsioni che lascia intravedere sul futuro di tutta l’umanità, hanno colto molte persone impreparate. O meglio, le ha colte mentre erano in piena funzione i consueti meccanismi di difesa che tutti noi terapeuti ben conosciamo – rimozione, repressione, negazione, sublimazione e altri ancora – e li ha scompaginati. I giochi sono saltati, i nodi sono venuti al pettine, le menzogne si sono dissolte come neve al sole e hanno lasciato molte persone nude, vulnerabili e spaventate non solo di fronte al virus in quanto tale, bensì di fronte a tutti i fantasmi che il virus ha slatentizzato.
È in questo quadro, ad esempio, che va interpretata la paura della morte che imperversa oggi tra molte persone: non ci hanno mai davvero pensato (se non in maniera astratta e vacua). La medicina aveva promesso loro cure immaginifiche, i modelli ostentati dalla TV e dalle riviste patinate sono quelle di giovani, sani, belli e vincenti, la guerra non esiste se non quella sporca in paesi più o meno sconosciuti e la miseria non li ha mai riguardati poi troppo da vicino. E invece, adesso, all’improvviso, il sipario si è sollevato e la morte, il male, il pericolo, la guerra, sono tutti lì e li guardano con un sorriso beffardo dipinto sul loro volto di pietra.
“Non era vero niente… la vita non è una piacevole passeggiata come molti ci avevano fatto credere e, forse, nasconde un segreto che non conosciamo. Ma dov’è? Chi lo conosce? Come raccapezzarsi di fronte all’orrore?”
E penso altresì al problema della solitudine. Quella vera, reale e tangibile, che però fino a pochi mesi fa era stata occultata tra lavoro, relazioni occasionali, amici, sport e interessi di vario genere. La osservo e la confronto a quella “negata”, quella di chi pur stando “insieme” è più solo che mai. Come hanno decretato tanti studi di esimi colleghi, è la solitudine peggiore, quella che di più fa soffrire. E quante coppie, quanti nuclei familiari si trovavano in questa situazione? Quanti, aiutati sempre dal lavoro, da amanti occasionali, dagli amici o dallo sport by-passavano allegramente la loro più autentica solitudine interiore? Arriva il Condivirus, obbliga alla segregazione, e l’equilibrio salta, la vita dell’anima va in pezzi perché i dissidi, l’ostilità negata, l’indifferenza e il disamore non sono più occultabili.
E ancora: penso allo sguardo di molti che, inevitabilmente, corre verso il futuro. Cosa ci riserva? Che cosa accadrà? I più ingenui e i più ostinati continuano a sperare che magari tutto tornerà come prima… e hanno paura di confrontarsi con il fatto che, molto probabilmente, nulla più invece sarà come prima. Il mondo sta compiendo un giro di boa, e a prescindere dal fatto che non è ancora possibile intuire la direzione che prenderà, di sicuro nulla sarà mai più come prima. Quando usciremo dal bunker e ci guarderemo negli occhi vedremo qualcosa che non avevamo mai prima osservato: una Realtà Altra, un mondo sconosciuto, un uomo del tutto diverso… forse peggiore, ma forse migliore.
Per ora non è dato saperlo, ma questa consapevolezza inconscia circola nell’animo di tutte le persone, e molti non sono preparati ad affrontarla. Avvertono inquietudine, angoscia, disperazione… e l’attribuiscono al Coronavirus. Ma non è lui il vero problema. Lui ha semplicemente sollevato il tappeto e portato il problema alla luce del sole.

E così eccoci qua, tutti con l’anima allo scoperto. Cosa ce ne faremo?
Difficile dirlo.
Ci sono tutti i presupposti per una discesa verso il sub-umano… così come ci sono tutti i presupposti perché la componente migliore di noi trovi il coraggio di affermarsi. E non importa quale potrà essere lo scenario che i Padroni del Mondo si sforzeranno di imporci: è nelle trincee, nelle prigioni, nei lager, negli ospedali, che l’umanità ha sempre dato il meglio di sé. E la ragione è ovvia: chi ritrova sé stesso sperimenta con il cuore che la nostra natura più autentica e profonda di esseri umani “non è di questo mondo”.
Noi apparteniamo al cielo!

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