martedì 26 marzo 2013

Il futuro dell'anima




Non c’è dubbio! Il Futuro è dietro l’angolo. Il Futuro sta arrivando – come sempre d’altronde – ma, questa volta, porta con sé un’equivoca novità: sarà sempre più veloce.
Per l’essere umano – nonostante il fatto che sul piano cosciente possa aderire con entusiasmo ed eccitazione all’accelerazione degli stimoli - le conseguenze inevitabili sul piano inconscio saranno: un’accresciuta superficialità, uno stato di perenne disorientamento e agitazione, la perdita della capacità di produrre sforzi di volontà prolungati nel tempo e, infine, l’indebolimento dell’immagine di sé, costantemente minacciata dal “nuovo” che avanza.
Non credo che sbaglierei più di tanto se affermassi che, a breve termine, si verificherà un aumento delle più classiche sintomatologie psichiche di tutti i tempi e l’irrompere di sindromi del tutto nuove (come, ad esempio, la già perniciosa “dipendenza da PC o dal virtuale”).

Quali saranno le cure? Difficile dire, perché la psicanalisi – che storicamente ha rappresentato il primo significativo accesso alle profondità dell’anima umana e che, appunto per questo, presumeva di poter raffinare i propri strumenti ed estendere a molti le proprie conoscenze – in realtà è stata esautorata, destituita, spodestata… a favore di prassi terapeutiche che, nella migliore delle ipotesi, possono essere  considerate solo delle caricature della prima.

I motivi del suo fallimento sono molteplici e complessi, ma se dovessi azzardare una sintesi estrema oserei dire che la fine della psicanalisi e della psicologia del profondo sia stata decretata dallo svilimento della cultura mitteleuropea e dall’affermarsi, in antitesi, di quella americana. Una cultura – quest’ultima - che, nella sua più intima essenza, è priva di radici, superficiale, ingenua e, soprattutto, drasticamente materialistica (anche là dove proprio non sembra). Le conseguenze dello sradicamento della ricerca psicologica dalla profondità della tradizionale cultura mitteleuropea e l’adesione acritica alla superficialità materialistica della cultura americana, di fatto, ha introdotto nei percorsi di formazione dei nuovi terapeuti (soprattutto italiani) tecniche terapeutiche che hanno il privilegio di apparire intelligenti, sintetiche, efficaci e di facile acquisizione ma che sono risibili di fronte alla profondità e alla complessità dell’animo umano.

Lo svilimento culturale dell’università italiana, gli interessi economici e politici dei soliti “baroni” che la governano e l’ignoranza sostanziale da cui muovono gli studenti provenendo dalla scuola superiore hanno così creato una situazione per la quale non so trovare aggettivi appropriati: in pratica, oggi è sufficiente per chiunque superare una manciata di esami per essere legittimati “Psicologi” e basta pagare (profumatamente) uno qualsiasi dei tanti corsi di formazione psicoterapica ratificati dalla Facoltà di Psicologia per essere riconosciuti come psicoterapeuti e iscritti regolarmente all’albo regionale.

Siamo lontani anni luce da quella base culturale che, in un recente passato, era condicio sine qua non della formazione di uno psicoanalista e che, ben oltre alla materia clinica, gli permetteva di spaziare dalla conoscenza della storia delle religioni alla meccanica quantistica, dalla letteratura classica e moderna alla storia dell’arte, alla filosofia e all’antropologia.
Come se non bastasse, nessuna istituzione scolastica si sognerebbe più, oggi, di giudicare le capacità empatiche del futuro terapeuta, le sue doti di creatività e improvvisazione, le sue qualità morali e – soprattutto – il suo equilibrio psicologico. In altre parole, la sua sanità psichica.
Così, nonostante il parere espresso dai più eminenti trainer di tutti i tempi (una fra tutti: Hilde Bruch) che annoverano l’empatia, la creatività e la moralità tra le doti essenziali di un terapeuta, oggi qualunque studente può pretendere di diventarlo. Per lui sarà sufficiente studiare quel minimo che oggi serve a superare gli esami e pagare la retta delle scuole di formazione convenzionate.

Il risultato è che migliaia di titolati psicoterapeuti si sono riversati sul “mercato della salute psichica” (anche l’anima, oggi, si sottomette alla nomenclatura economica corrente), inconsapevoli o, forse, incuranti di essere poco più che dei miseri tecnici e, giustamente, pretendono di avere a disposizione luoghi di lavoro riconosciuti dallo stato (lo psicologo nelle scuole, lo psicologo di famiglia, ecc…) o di potersi comunque affermare professionalmente. Uno su dieci di queste migliaia sa di che cosa sta parlando quando pratica. Uno su cento conosce davvero se stesso.

Il risultato è che sulle vetrine delle farmacie o delle erboristerie di ogni città o paese italiano, sulle bacheche di compiacenti medici della mutua o medici specialisti, sulle metropolitane, sugli autobus e sulle finestre virtuali di Internet, singoli terapeuti o sedicenti associazioni terapeutiche si presentano sbandierando i più nobili e sacrosanti ideali (ad esempio, il diritto di ogni cittadino alla salute psichica) e offrono i propri servizi al ribasso, come in una vera e propria economia di mercato: le prime due sedute gratis, un “pacchetto” iniziale a costi ridotti, offerte su Groupon di imperdibili occasioni… Il messaggio aggiuntivo è che l’intervento sarà mirato, efficace e soprattutto breve. Anzi brevissimo!

La presunzione di tutte queste affermazioni è pari soltanto alla loro stupidità.

Peccato che gli utenti (come tutti gli psicoterapeuti oramai sono soliti chiamare le persone sofferenti di un qualche sintomo psichico) della complessità di queste problematiche non si rendano neanche lontanamente conto. Per la maggior parte delle persone pressate da un qualche disagio, un terapeuta è un terapeuta. O, almeno, così dovrebbe essere. Nessuno potrebbe mai sospettare che dietro tutta questa offerta si cela un vuoto di contenuto e di spessore che non ha uguali in nessun altra specialistica professionale. Per molti, in oltre, che forse sono quegli stessi che patiscono le maggiori difficoltà economiche in questo paese devastato dalla criminalità di chi ci governa, l’onorario stracciato è una tentazione troppo forte. È difficile per loro applicare nel mercato dell’anima lo stesso lungimirante proverbio che, di fatto, invece, sono soliti usare nel mercato dei beni materiali: “Poco pagare, poco valere!”  In altre parole, molti si lasciano abbindolare, confidando in una rapida soluzione dei loro problemi.

Così, se ancora fino a qualche anno fa erano gli uomini o le donne sofferenti che sentivano il bisogno di rintracciare il terapeuta più competente o più esperto al quale affidare la propria anima e, una volta trovatolo, potevano solo sperare che questi avesse delle ore libere a disposizione, oggi sono i terapeuti ad essere obbligati a scendere nel “mercato” e a cercare i loro possibili pazienti. Accettando il gioco di: “vediamo chi si mette più in mostra” o, meglio ancora, di: “vediamo chi si offre al minor prezzo”. Questa è la realtà della decadente epoca mercantile alla quale tutti partecipiamo e alle cui ferree regole nessuno – ma proprio nessuno - può sperare di sottrarsi. Tutto è stato ridotto a merce: anche la cura dell’Anima. E come merce, appunto, tanto la cura, quanto coloro che la praticano, vanno pubblicizzati se vogliono sperare di essere acquistati.

Speranze per un prossimo futuro? Nessuna!
La violenza delle forze storiche in gioco è immensa e presto, almeno così sospetto, della grande cultura umanista e spirituale europea non rimarrà che un pallido ricordo. C’è solo da augurarsi che qua e là permangano dei piccoli, occulti cenacoli ove l’anima possa nascondersi. L’augurio è che pochi e sparuti individui riescano a conservane il ricordo in vista di un più lontano futuro… quando un’Altra Umanità, liberatasi dalla Peste Economica che oggi devasta e corrompe il mondo, sentirà di nuovo la necessità di conoscere infine se stessa.



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