sabato 27 luglio 2019



Ma di cosa stiamo parlando - Seconda puntata







Nell’ottobre del 2015 scrissi un articoletto, intitolato: Ma di cosa stiamo parlando? Di cui allego il link: http://pieropriorini.blogspot.com/2015/10/ma-di-che-cosastiamo-parlando-e.html

L'articolo finiva con timide speranze. Ero disposto a credere che l’uomo moderno occidentale, prima o poi, ce l’avrebbe fatta a uscire da baratro dell’insipienza del pensiero. Sì… volevo crederci.
Adesso, a distanza di quattro anni, registro che anche quella timida speranza si sta affievolendo.
E così, colgo l’occasione e provo a fare il punto… ancora una volta.

Da un paio di decenni stiamo vivendo in un’epoca che la maggior parte degli osservatori, in linea di massima, è d’accordo nel definire Complessa.
Solo che: Complessa non vuol dire: complicata.
Il concetto di complessità deriva dal latino complector, che vuol dire cingere, tenere avvinto strettamente, abbracciare, comprendere, riunire tutto in sé… ed è utilizzato come sinonimo di epistemologia della complessità, una branca della filosofia della scienza. Le sue radici concettuali affondano nell’800 ma la Complessità entrò prepotentemente nella moderna teoria dei sistemi quando i suoi studiosi smisero di “fingere” che, appunto, tali sistemi fossero lineari, cioè a dire scomponibili in sottosistemi indipendenti tra loro, e accettarono di studiarli nella loro complessità. Dove la complessità consiste appunto in sottosistemi che interagiscono di continuo gli uni con gli altri così da rendere fittizia e aleatoria qualunque separazione volta a risolvere i problemi passo-passo e a blocchi separati.
Oggi si può con tutta tranquillità definire complesso un sistema quando esso è composto da diverse componenti (o sottosistemi) che possono interagire tra loro in maniera dinamica, e dunque non lineare, non prevedibile a livello matematico o statistico, ma solo attraverso una sorta di creatività olistica. Tipici di questi sistemi complessi sono infatti le imprevedibili auto-riorganizzazioni e, addirittura, i comportamenti emergenti. In altre parole, situazioni nuove, improvvise, inspiegabili sulla base delle leggi che governano le singole componenti del sistema, ma piuttosto emergenti dalla situazione caotica creatasi.
Naturalmente, maggiore è la quantità e la varietà delle relazioni fra gli elementi del sistema, maggiore è la sua complessità. E, di conseguenza, più frequenti saranno i fenomeni di auto-riorganizzazione e le probabilità di imprevedibili fenomeni emergenti.
Di fatto, oggi come oggi, si possono definire sistemi complessi (tra i tanti altri) soprattutto quelli sociali, quelli economici e quelli politici.

Così definita la complessità della realtà che ci attornia, dovrebbe essere evidente a chiunque che per comprenderla bisognerebbe saper esercitare un pensare mobile, vivo e sempre creativo. Un pensare spregiudicato, curioso e, soprattutto, coraggioso.
In verità, e con altre parole, oggi più che mai servirebbe un “Pensare Vivente”, scollegato dal supporto neuro cerebrale e capace di osservare la realtà come minimo a livello Immaginativo (nel senso con cui lo intende la scienza dello spirito antroposofica).
Questo pensare, però, fa difetto alla maggior parte delle persone che mi circondano, ancorché sedicenti antroposofi, e con i quali “virtualmente” mi confronto. Perciò, se devo dire la verità, proprio tutta la verità, la cosa mi sconcerta.
Perché anche ammesso che pochissimi si fossero davvero conquistati la Coscienza Immaginativa, mi sarei comunque aspettato una mobilità, una curiosità e una spregiudicatezza di pensiero di ben altro livello da quella espressa dai personaggi più o meno blasonati sui quali la coscienza collettiva ripone la propria attenzione.
Da questo punto di vista i Social Network sono un termometro di estrema precisione.
Quale che sia l’argomento in esame, basta soltanto che il suo autore appaia riferirsi a una data concezione del mondo (ma ho scritto: appaia), basta che le parole da lui usate alludano (anche alla lontana) a un qualsivoglia indirizzo politico, filosofico o scientifico diversi da quelli dell’ascoltatore-lettore, e più nessuno sembra essere in grado di esaminare la sostenibilità o meno di quel ragionamento di pensiero. Nessuno ne verifica l’attendibilità, magari parziale e incompleta, da far poi fluire in una propria visione appunto più complessa e articolata della realtà. Non se ne parla neppure. I pregiudizi dogmatici sono oramai padroni della coscienza collettiva e quasi tutti si sentono in diritto di difendere con qualunque mezzo le proprie piccine idee. Piccine non perché false… Attenzione… bensì perché limitate, circoscritte, ristrette, condizionate. Riflesse! Piccine, appunto. Ma ogni volta inneggianti per il loro sostenitore di turno alla Giustizia (ovviamente con la G maiuscola), alla Verità, alla Vita, alla Scienza, allo Spirito, ecc…
Ma la cosa ancora più risibile è che ognuno di questi strenui difensori delle più blasonate verità accusa tutti gli altri di essere caduti in errore, di essere stati condizionati, oppure di malafede, di egoismo, di stupidità o, peggio ancora, di essere criminali, infami, disumani, mostri.

Quando ero ancora studente alla facoltà di Psicologia (anni luce fa) si era soliti fare un esperimento con le giovani matricole. Si radunavano una decina di loro e gli si dava un foglio con su scritte delle frasi chiedendo di apporvi un commento. Tra queste ce ne erano alcune il cui autore era stato scambiato, così che alcune frasi del Che Guevara, ad esempio, erano falsamente firmate Adolf Hitler, e alcune di quest’ultimo erano state attribuite al primo. Era sconcertante osservare come, immancabilmente, tutti gli studenti di sinistra lodassero le frasi di Hitler e quelli di destra lodassero le frasi del Che.
Mai nessuno che si fosse chiesto quale fosse il più ampio contesto di quelle frasi e ne avesse mai verificato l’attendibilità al di fuori di una propria personale idolatria politica. Era desolante. L’unica speranza era che un giorno sarebbero cresciuti, maturati, e che sarebbero stati capaci di valutare l’attendibilità di un pensiero non dico su base iniziatica, ma almeno sulla base di una minima oggettività.
Non è accaduto. Dispiace riconoscerlo… la speranza non si è realizzata né per i giovani di quella generazione né per quelli delle successive.
E così oggi viviamo nella cultura dell’insulto, del disprezzo reciproco, dell’odio di parte, senza che nessuno si accorga della assoluta reciprocità delle ragioni parziali dell’una fazione e dell’altra.
E sia pure… possibile però che questo accada anche tra coloro che perseguono (o almeno tentano di perseguire) una Coscienza Altra da quella coscienza ordinaria che oramai è morta ed è perciò giunta al suo punto di non ritorno? 

Prendiamo un tema scottante: quello dell’immigrazione più o meno clandestina nel nostro paese. Non dovrebbe esserci alcun dubbio: è un tema COMPLESSO. Vi ruotano intorno la sacralità della vita umana e la capacità, in ognuno di noi, di una sana risonanza empatica. La consapevolezza del mancato fondamento genetico del concetto di "razza" e l'universalità del genoma umano. L’educazione alla conoscenza attenta e rispettosa delle diverse etnie e culture del mondo, compresa però la propria... Una visione a trecentosessanta gradi sui giochi di potere del liberalismo finanziario globale e sui loschi individui che vi stanno dietro. La conoscenza esatta delle più che innumerevoli cause che hanno promosso e amplificato il fenomeno migratorio e che, quasi mai, sono naturali. La libertà di analizzare con spregiudicatezza la diversità di genere, religione, cultura e paese di provenienza di tutte queste persone, ponendo in essere misure appropriate a tale diversità. La valutazione dei mezzi reali con i quali il nostro paese può supportarli e la creazione di strategie economiche funzionali e funzionanti. La capacità di riconoscere se e quali giochi politici vi si nascondano. Lo smascheramento delle mille menzogne che ognuna delle parti in gioco ha creato ad arte e che sbandiera, ad oltranza, solo per inficiare le ragioni altrui o per mantenere alto lo stato di confusione e di incertezza generale. Provare ad osservare con equanimità la diversa statura morale di coloro che ne parlano, come quelle così discordi di Laura Boldrini o di Federico Rampini, ad esempio, oppure quelle di Oriana Fallaci o di Tiziano Terzani, provando ad estrapolare da ognuno di loro le osservazioni migliori così come quelle peggiori.
E, per finire, cosa non da poco, provare a chiedersi quali possano essere i risvolti spirituali implicati in una vicenda così complessa come quella di cui stiamo parlando. Perché, se la nostra esperienza di uomini su questo pianeta non si limita ad essere una occasionale avventura di atomi e molecole che si sono incontrati per caso, allora, forse, la posta in gioco è molto più alta di quanto non appaia al pensiero ingenuo del materialista uomo moderno occidentale. Perché la religiosità che i popoli hanno espresso, e ancora esprimono, non è mera sovrastruttura, bensì misura della loro evoluzione spirituale all’interno del divenire cosmico. E se dietro le parvenze dell’Induismo, del buddismo  così come dell’ebraismo, dell’islam o del cattolicesimo (oggi tutte queste confessioni si sono ridotte ad essere l’ombra risibile di ciò che furono), c’è pochissima sostanza spirituale, è anche vero che avrebbe un suo significato il fatto che almeno l’Europa fosse capace di mantenersi fedele a quell’evento spirituale nel quale, fino a qualche secolo fa, bene o male si riconosceva e che aveva riconosciuto essere il punto culminante dell’intera storia cosmica e terrena.
Solo una possente e sentita adesione alla propria spiritualità, infatti, potrebbe giustificare una autentica permissività e tolleranza nei confronti di tutti gli altri credi trasportati dai flussi migratori, là dove l’ingenuità, la fiacchezza interiore, l’indifferenza o, peggio ancora, la vacuità agnostica tipica dell’intellettuale europeo radical-shic ne relativizzano il messaggio equiparando il suo significato a quello di tutti gli altri e, di fatto, preparando il terreno al fallimento dell’esperimento umano.
Perché se la realtà terrena è in guerra, quella spirituale non lo è da meno, ed è assai probabile che ci siano vere e proprie Entità Spirituali che, attraverso l’uomo, le sue guerre e le sue incomprensioni, si contendono il futuro prossimo della creazione.
E se mai questo fosse vero, allora potremmo considerare con maggiore attenzione le parole con le quali Rudolf Steiner si sforzava di mettere in guardia l’Europa (ed era solo il 1919) da tutti quegli impulsi che avrebbero cercato con ogni mezzo di impedirne il ruolo di centralità stabilizzante tra Potenze Oscure solo in apparenza Contendenti.
Questo avrebbe dovuto essere il sacro compito di una Europa unita, perciò contro di lei si sono accaniti sia l'immenso potere del materialismo anglo-americano (sostenuto dalle Nazioni Unite), sia l'altrettanto immenso potere del materialismo socialista internazionale.
"In un certo senso sarà difficile da capire - aveva avvertito Rudolf Steiner, da Dornach, già nel 1917 - ma bisogna comunque apprendere che i veri e giusti pensieri per la struttura sociale nasceranno soltanto quando gli uomini si rivolgeranno allo spirito... Altrimenti gli uomini nulla creeranno nel campo dei principi politici, delle strutture e delle idee sociali."
E nel 1919, a Stoccarda, fu ancora più intransigente affermando che: "solo se l'Europa troverà la strada di un rinnovato pensare lo spirito sarà in grado di non far tramontare la civiltà del mondo... altrimenti tutti ci avvieremo verso la barbarie."
Dispiace dirlo, ma questo Vivente Pensare che avrebbe dovuto nascere nel cuore dell'Europa, come eredità di una grandiosa epoca passata e di uomini straordinari che lo avevano pre-figurato, non solo sembra abortito ma, con la sua assenza, sembra aver corrotto anche quel tanto o quel poco di ragionevolezza che alcuni hanno tentato invano di conservare.

Insomma… ritornando all'attuale problema dell'immigrazione, bisognerebbe osservare e conoscere tutto questo, anche più di questo, e poi, semmai, arrischiarsi in una possibile soluzione del problema, tenendo conto che variabili imprevedibili tenderanno di continuo a spostare l’equilibrio che ci si sarà sforzati di raggiungere soprattutto se si ignoreranno le Grandi Intelligenze che dietro a tutti questi movimenti si nascondono.
E invece… nulla di tutto questo. Piuttosto improperi, insulti, accuse infamanti degli uni verso gli altri in nome della Sicurezza, della Patria, del Nazionalismo (più becero), oppure, ma tanto è la stessa cosa, della Vita, della Fratellanza, dell’autentico Spirito Cristiano e chi più ne ha più ne metta. Tanto, poi, chi vuole la sicurezza ruba e degli altri se ne frega, chi ama la patria è pronto a svenderla al miglior offerente, e chi proclama in nome della Vita, se guardasse nel fondo oscuro della propria anima, scoprirebbe di essere subito pronto ad ammazzare i propri avversari.
Ora… è anche vero che non si può pretendere che tutti riescano a realizzare esperienze concrete sulla Via Immaginativa, né che tutti gli altri si diano la pena di esaminare ogni singolo problema da tutti i punti di vista possibili e immaginabili… ma la consapevolezza della complessa articolazione della realtà dovrebbe suggerire ai più onesti, ai più sensibili, ai più colti o a quelli più intelligenti, di trattenere le proprie opinioni, fare silenzio, contemplare la realtà e attendere che da questa – come suggeriva Goethe - gli giunga infine una risposta.
Che quando arriva - perché prima o poi arriverebbe se  fossimo capaci di arrestare il nostro narcisistico "pensiero riflesso" e fare silenzio - non potrà mai essere rigida, dogmatica né tantomeno intollerante.