giovedì 23 aprile 2020

Matrix e Convid19 a confronto








Alcuni anni fa, durante uno degli ultimi cine-forum a sfondo psicanalitico che dirigevo, proposi per l’ennesima volta il film del 1999 diretto dai fratelli Wachowski: Matrix il quale, oltre a ricevere numerosissimi premi, registrò uno dei più forti impatti culturali di tutti i tempi… un film che, presentatosi sotto le mentite spoglie della fantascienza, mi dava il permesso di entrare in molti dei miei temi di discussione preferiti da sempre. Mi stimolava il fatto che, volendo, avrei sempre potuto trovare nuovi spunti per affrontare temi fino ad allora non del tutto approfonditi.
Così fu quell’ultima volta. Come sempre, all’inizio, cercai di chiarire i significati che si celavano dietro i nomi dei protagonisti e dei luoghi in cui si svolgeva l’azione (Neo, Trinity, Bianconiglio, Morpheus, il Nabucodonosor, l’Agente Smith, la città di Zion) e quali “forze” dell’animo umano avremmo visto in gioco nella trama del film. Ma accortomi che la maggior parte dei convenuti, quella sera, erano spettatori di vecchia data, amici che già avevano partecipato almeno ad un altro incontro sullo stesso film, decisi che una volta tanto avremmo fatto diversamente. Perciò dissi loro che, ad un certo punto, avrei interrotto il film per dedicarci e approfondire il tema che quell’ultima sequenza proponeva.
Feci dunque partire il film e mi fermai subito dopo la scena in cui Chyper tradisce Morpheus e lo consegna agli Agenti in cambio di un ritorno permanente in Matrix. Il dialogo tra lui e l’agente Smith, durante la cena in un lussuoso ristorante virtuale, suona pressappoco così:
- La realtà, agente?... Ma che cos’è la realtà?... Vede, io so benissimo che lo squisito sapore di questo boccone di lombata arrosto si traduce in una manciata di bit, così come lo è il sapore e l’odore di questo meraviglioso vino d’annata, o il piacere che potrebbe procurarmi quella bellissima donna seduta al tavolo di fronte a noi. Ma, vede agente, queste sono esattamente le sensazioni che i miei organi proveranno, queste sono le realtà che io sperimenterò… per cui, sì! Agente, rimettetemi pure nel computer e in cambio di questa mia delazione vorrei che mi concedeste di essere ricco, celebre, ammirato e desiderato dalla più belle donne del programma.
Spensi il proiettore, accesi la luce e chiesi al mio piccolo pubblico: “Allora, che cosa ne pensate? Alla fin fine, anche se con la coscienza addormentata per sempre all’interno di una macchina, se le sensazioni che potremmo provare sono di immenso piacere… perché non prediligere una realtà virtuale a quella così detta vera? Cosa mai distingue la realtà che viviamo tutti i giorni, e che molti oramai affermano essere relativa, da una realtà virtuale creata da una macchina a cui potremmo essere attaccati? Calatevi fino in fondo in una plausibile possibilità di questo tipo, immaginatevi che sia possibile realizzarla (ed è vero che tecnologicamente ci siamo vicinissimi) e siate spregiudicati… tutto sommato, perché no? E se è no… perché no?
Era chiarissimo a tutti che li stavo provocando. Che li costringevo ad immaginarsi connessi ad un mega-computer capace di soddisfare sensorialmente tutti i loro più profondi desideri e a chiedersi per quale reale motivo avrebbe avuto un senso rifiutare una tale possibilità.
Il silenzio si protrasse per diversi minuti, e solo con estrema difficoltà la discussione imboccò la direzione che io mi aspettavo prendesse: quello della realtà della realtà. Un tema arduo, difficilissimo da sviluppare in maniera corretta e rigorosa e che, se lo si vuole affrontare con assoluta onestà e lucidità di pensiero conduce al testo “Filosofia della libertà” di Rudolf Steiner o a quelli, altrettanto rigorosi di Massimo Scaligero.
Molti dei miei ascoltatori non avevano alcuna preparazione in filosofia o in meccanica quantistica, perciò non sapevano nulla del dogma kantiano che impedisce da secoli, a chiunque, di professare una qualunque certezza sulla realtà-in-sé (o cosa-in-sé) oggetto dei nostri studi, né tantomeno sulla relatività del mondo fenomenico.
Fu una fortuna, perché senza l’ingombro della dialettica intellettuale, cerebrale e astratta propria delle persone più colte, alla fine arrivammo molto vicini ad una presa di coscienza dell’irrinunciabile valore della realtà oggettiva del mondo e del suo significato ai fini del raggiungimento o meno della libertà dell’uomo.

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Sono passati molti anni da allora, e ci troviamo oggi di fronte ad un evento epocale che sta distruggendo non tanto o non solo il mondo nel quale fino ad ora avevamo vissuto ma, soprattutto, la coscienza dell’uomo moderno contemporaneo. Un virus… un essere al confine tra la vita e la non-vita, così piccolo da essere invisibile anche per la maggior parte dei microscopi, strumentalizzato senza alcun pudore da lobbies politiche ed economiche… un virus sta aggredendo la nostra coscienza portandola a sbilanciarsi a favore di una realtà virtuale cui affidare il significato della propria vita.
Sono bastati due mesi di segregazione agli arresti domiciliari e un bombardamento mediatico senza precedenti di TV e giornali allineati al Pensiero Unico per istupidire la coscienza collettiva di un’intera nazione e generare consensi verso la missione salvifica della nuova tecnologia.
Sempre più spesso, in questi giorni, mi sono sentito dire che: una App che ci indica chi fosse contagiato?… Be', in fondo… essere schedati e tracciati per avere un feed-back continuativo sul proprio stato di salute… e, in più, potersi difendere da chi fosse aggredito dal male e volesse celarlo… perché no? E poi, in fondo: “Non ho nulla da nascondere io”.  E il lavoro da casa, perché no? Niente più automobile, spese per la benzina, parcheggi… niente più autobus, metropolitane, corse affannate sotto la pioggia o sotto il sole. Dai… mica male, no? Fare la spesa online e vedersi i prodotti alimentari consegnati a domicilio, ma anche libri, vestiti, liquidi svapo, elettrodomestici, gli ultimi accessori Hi-Tech… bello nevvero? E anche la palestra, sostituita da pedane e cyclette che, con grandi schermi ci proiettano in ambienti naturali che non avremmo mai potuto davvero visitare… e, magari, insieme a persone che vivono in altre lontane città del mondo. E poi coche privati, che insegnano solo a noi… Insomma, perché no? E la scuola per i nostri figli… via Zoom o Skype, con gli insegnati che controllano la situazione da remoto… tutto sommato… staremmo tutti insieme a casa, e l’istruzione sarebbe pur sempre la stessa. E su piattaforme virtuali potremmo addirittura incontrarci, approfondire la nostra conoscenza e, pian pianino, scoprire quanto piacere potremmo darci anche così, eccitandoci reciprocamente e osando virtuosismi erotici che in realtà mai avremmo osato. Davvero… perché no?
Tutte queste possibilità non sono il futuro. Sono il presente che attende solo di essere accettato.
Quelli che ragionano, che pensano davvero e che vedono i pericoli insiti in questa catastrofe coscienziale sono pochi. Sono pochissimi, se paragonati a coloro che un passo dopo l’altro si stanno lasciando attrarre dal miraggio di un collegamento continuo con il proprio computer e, attraverso quello, con la ben più Oscura Intelligenza Artificiale animata dal Signore di Questo Mondo.
Nessuno, o almeno pochissimi, si rendono conto del disastro irreversibile che stiamo tacitamente giustificando. Il valore oggettivo della Realtà, la realtà della realtà, la verità spirituale oggettiva di questa dimensione terrena nella quale stiamo vivendo la nostra vita di uomini è quasi del tutto sconosciuta alla maggior parte delle persone. Il significato della vita è minacciato, e molti sarebbero pronti a giurare ubbidienza al Grande Inquisitore di turno pur di avere garanzia e sicurezza per le loro piccole non-vite.
I primi, non risibili effetti, sono sotto gli occhi di tutti.
Nel mio piccolissimo, già registro bambini con il panico di uscire dalla protezione della casa e poter incontrare altre persone infette, poliziotti cattivi o, addirittura il Mostro in prima persona (il “Birus” come balbetta il figlio cinquenne di una mia cara amica). E che dire della graduale perdita dell’impulso all’incontro-confronto con gli altri bambini, della loro naturale socialità e della primigenia fiducia nel mondo? In soli due mesi abbiamo creato Imprinting che intaccheranno l’essere profondo delle future generazioni e non vorrei essere nei panni dei miei futuri colleghi quando, tra venti o trent’anni, si troveranno a dover risalire all’origine di chissà quali disturbi della personalità dei loro pazienti. Se saranno terapeuti anziani, forse il ricordo dell’abominio che oggi, tutti noi, attraverso una sorta di complicità tacita, stiamo imponendo alle nuove generazioni, potrà orientare la loro ricerca. Ma la vedo dura… e, se le cose dovessero proseguire in questa direzione, sarò felice del fatto che non vivrò così a lungo da vederne i tragici effetti.

Nel film (il primo Matrix, finito e compiuto in sé stesso, perché gli altri due sequel sono solo una “marchetta” ai botteghini), Neo sconfiggerà Matrix, grazie all’assoluta fede di Trinity nell’amore che alberga nel suo cuore. Un amore così puro e assoluto che riuscirà a sconfiggere la morte e a far crollare il piano diabolico in cui il mondo era irretito.
Ci sveglieremo anche noi da questo incubo collettivo? O lo faremo solo quando sarà troppo tardi? La partita, per ora, è ancora aperta…

Ah, dimenticavo… quella sera, alle mie provocatorie domande, solo due persone si avvicinarono intuitivamente a cogliere perché, qual ora ne avessimo la possibilità, sarebbe terribile scegliere la “realtà virtuale” e a immaginare per quali occulti e sani motivi bisognerebbe rifiutarla.
Erano due donne. Non credo sia stato un caso.


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