Non
c’è dubbio! Il Futuro è dietro l’angolo. Il Futuro sta arrivando – come sempre
d’altronde – ma, questa volta, porta con sé un’equivoca novità: sarà sempre più
veloce.
Per
l’essere umano – nonostante il fatto che sul piano cosciente possa aderire con
entusiasmo ed eccitazione all’accelerazione degli stimoli - le conseguenze
inevitabili sul piano inconscio saranno: un’accresciuta superficialità, uno
stato di perenne disorientamento e agitazione, la perdita della capacità di
produrre sforzi di volontà prolungati nel tempo e, infine, l’indebolimento
dell’immagine di sé, costantemente minacciata dal “nuovo” che avanza.
Non
credo che sbaglierei più di tanto se affermassi che, a breve termine, si
verificherà un aumento delle più classiche sintomatologie psichiche di tutti i
tempi e l’irrompere di sindromi del tutto nuove (come, ad esempio, la già
perniciosa “dipendenza da PC o dal virtuale”).
Quali
saranno le cure? Difficile dire, perché la psicanalisi – che storicamente ha
rappresentato il primo significativo accesso alle profondità dell’anima umana e
che, appunto per questo, presumeva di poter raffinare i propri strumenti ed
estendere a molti le proprie conoscenze – in realtà è stata esautorata,
destituita, spodestata… a favore di prassi terapeutiche che, nella migliore
delle ipotesi, possono essere
considerate solo delle caricature della prima.
I
motivi del suo fallimento sono molteplici e complessi, ma se dovessi azzardare
una sintesi estrema oserei dire che la fine della psicanalisi e della
psicologia del profondo sia stata decretata dallo svilimento della cultura
mitteleuropea e dall’affermarsi, in antitesi, di quella americana. Una cultura
– quest’ultima - che, nella sua più intima essenza, è priva di radici,
superficiale, ingenua e, soprattutto, drasticamente materialistica (anche là
dove proprio non sembra). Le conseguenze dello sradicamento della ricerca
psicologica dalla profondità della tradizionale cultura mitteleuropea e
l’adesione acritica alla superficialità materialistica della cultura americana,
di fatto, ha introdotto nei percorsi di formazione dei nuovi terapeuti
(soprattutto italiani) tecniche terapeutiche che hanno il privilegio di
apparire intelligenti, sintetiche, efficaci e di facile acquisizione ma che
sono risibili di fronte alla profondità e alla complessità dell’animo umano.
Lo
svilimento culturale dell’università italiana, gli interessi economici e
politici dei soliti “baroni” che la governano e l’ignoranza sostanziale da cui
muovono gli studenti provenendo dalla scuola superiore hanno così creato una
situazione per la quale non so trovare aggettivi appropriati: in pratica, oggi
è sufficiente per chiunque superare una manciata di esami per essere
legittimati “Psicologi” e basta pagare (profumatamente) uno qualsiasi dei tanti
corsi di formazione psicoterapica ratificati dalla Facoltà di Psicologia per
essere riconosciuti come psicoterapeuti e iscritti regolarmente all’albo
regionale.
Siamo
lontani anni luce da quella base culturale che, in un recente passato, era condicio sine qua non della formazione
di uno psicoanalista e che, ben oltre alla materia clinica, gli permetteva di
spaziare dalla conoscenza della storia delle religioni alla meccanica
quantistica, dalla letteratura classica e moderna alla storia dell’arte, alla
filosofia e all’antropologia.
Come
se non bastasse, nessuna istituzione scolastica si sognerebbe più, oggi, di
giudicare le capacità empatiche del futuro terapeuta, le sue doti di creatività
e improvvisazione, le sue qualità morali e – soprattutto – il suo equilibrio
psicologico. In altre parole, la sua sanità psichica.
Così,
nonostante il parere espresso dai più eminenti trainer di tutti i tempi (una
fra tutti: Hilde Bruch) che annoverano l’empatia, la creatività e la moralità
tra le doti essenziali di un terapeuta, oggi qualunque studente può pretendere
di diventarlo. Per lui sarà sufficiente studiare quel minimo che oggi serve a
superare gli esami e pagare la retta delle scuole di formazione convenzionate.
Il
risultato è che migliaia di titolati psicoterapeuti si sono riversati sul
“mercato della salute psichica” (anche l’anima, oggi, si sottomette alla
nomenclatura economica corrente), inconsapevoli o, forse, incuranti di essere
poco più che dei miseri tecnici e, giustamente, pretendono di avere a
disposizione luoghi di lavoro riconosciuti dallo stato (lo psicologo nelle
scuole, lo psicologo di famiglia, ecc…) o di potersi comunque affermare
professionalmente. Uno su dieci di queste migliaia sa di che cosa sta parlando
quando pratica. Uno su cento conosce davvero se stesso.
Il
risultato è che sulle vetrine delle farmacie o delle erboristerie di ogni città
o paese italiano, sulle bacheche di compiacenti medici della mutua o medici
specialisti, sulle metropolitane, sugli autobus e sulle finestre virtuali di
Internet, singoli terapeuti o sedicenti associazioni terapeutiche si presentano
sbandierando i più nobili e sacrosanti ideali (ad esempio, il diritto di ogni
cittadino alla salute psichica) e offrono i propri servizi al ribasso, come in
una vera e propria economia di mercato: le prime due sedute gratis, un
“pacchetto” iniziale a costi ridotti, offerte su Groupon di imperdibili
occasioni… Il messaggio aggiuntivo è che l’intervento sarà mirato, efficace e
soprattutto breve. Anzi brevissimo!
La
presunzione di tutte queste affermazioni è pari soltanto alla loro stupidità.
Peccato
che gli utenti (come tutti gli psicoterapeuti oramai sono soliti chiamare le
persone sofferenti di un qualche sintomo psichico) della complessità di queste
problematiche non si rendano neanche lontanamente conto. Per la maggior parte
delle persone pressate da un qualche disagio, un terapeuta è un terapeuta. O,
almeno, così dovrebbe essere. Nessuno potrebbe mai sospettare che dietro tutta
questa offerta si cela un vuoto di contenuto e di spessore che non ha uguali in
nessun altra specialistica professionale. Per molti, in oltre, che forse sono
quegli stessi che patiscono le maggiori difficoltà economiche in questo paese
devastato dalla criminalità di chi ci governa, l’onorario stracciato è una
tentazione troppo forte. È difficile per loro applicare nel mercato dell’anima
lo stesso lungimirante proverbio che, di fatto, invece, sono soliti usare nel
mercato dei beni materiali: “Poco pagare, poco valere!” In altre parole, molti si lasciano
abbindolare, confidando in una rapida soluzione dei loro problemi.
Così,
se ancora fino a qualche anno fa erano gli uomini o le donne sofferenti che
sentivano il bisogno di rintracciare il terapeuta più competente o più esperto
al quale affidare la propria anima e, una volta trovatolo, potevano solo
sperare che questi avesse delle ore libere a disposizione, oggi sono i
terapeuti ad essere obbligati a scendere nel “mercato” e a cercare i loro
possibili pazienti. Accettando il gioco di: “vediamo chi si mette più in
mostra” o, meglio ancora, di: “vediamo chi si offre al minor prezzo”. Questa è
la realtà della decadente epoca mercantile alla quale tutti partecipiamo e alle
cui ferree regole nessuno – ma proprio nessuno - può sperare di sottrarsi. Tutto
è stato ridotto a merce: anche la cura dell’Anima. E come merce, appunto, tanto
la cura, quanto coloro che la praticano, vanno pubblicizzati se vogliono
sperare di essere acquistati.
Speranze
per un prossimo futuro? Nessuna!
La
violenza delle forze storiche in gioco è immensa e presto, almeno così
sospetto, della grande cultura umanista e spirituale europea non rimarrà che un
pallido ricordo. C’è solo da augurarsi che qua e là permangano dei piccoli,
occulti cenacoli ove l’anima possa nascondersi. L’augurio è che pochi e sparuti
individui riescano a conservane il ricordo in vista di un più lontano futuro…
quando un’Altra Umanità, liberatasi dalla Peste Economica che oggi devasta e
corrompe il mondo, sentirà di nuovo la necessità di conoscere infine se stessa.
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