giovedì 21 ottobre 2021


Perché a noi?



Con questo breve articolo vorrei riproporre le provocatorie parole che il mio caro amico Piero Cammerinesi ha indirizzato a quanti percorrono un cammino interiore di conoscenza:

“Se non noi, chi? Se non adesso, quando?”

Solo che vorrei tracciarne una visione parallela, diretta perciò a tutti coloro, e sono molti, che nella situazione odierna piuttosto che trovarsi si stanno perdendo.

Perché solo noi italiani, tra i tanti popoli europei, stiamo subendo senza quasi protestare, salvo pochissime eccezioni, pesantissime vessazioni e l’abrogazione dei principali diritti costituzionali? Perché la maggior parte di noi italiani accetta misure sanitarie demenziali e l’obbligo di un tracciamento elettronico che consegnerà le nostre vite nelle mani di un Potere se non proprio Diabolico di sicuro criminale? Perché solo da noi tanta violenza?

È anche vero che negli altri paesi europei la popolazione è più ubbidiente e disciplinata. Notizie che giungono privatamente (visto che i mass media europei sono tutti allineati) racconterebbero che nei paesi scandinavi, così come anche in Danimarca, pur senza alcun ricatto da parte dei vari governi, la popolazione si sottomette volentieri a ignobili sistemi di tracciamento delle proprie vite (fisiche, economiche e politiche). La fiducia nel proprio Stato, tipica dei popoli nordici, non sarebbe perciò da ostacolo all’introduzione soft e progressiva del trans-umanesimo voluto dalle élite di Potere che vogliono dominare il mondo.

Il popolo italiano, al contrario, è sempre stato individualista, ribelle e spesso imprevedibile nei sistemi di aggiramento di qualunque legge o costrizione. E questo potrebbe spiegare perché coloro che in Italia hanno raggiunto il Potere pur senza alcuna legittimazione politica stiano ora esprimendo una violenza senza precedenti e senza confronti con altre nazioni. Lo spirito spregiudicato, beffardo e irriverente dell’Italia doveva essere piegato e asservito, probabilmente per fungere da monito e da modello. 

Ma allora perché, sempre in Italia, tanta acquiescenza di popolo?

Dove è finita e perché l’italica disubbidienza?

Come è potuto accadere?

Certo… i motivi per l’abominio che stiamo vivendo sono molteplici e complessi, implicando elementi politici, economici, culturali, storici e religiosi, e mai mi sognerei di poter essere esaustivo nell’affrontarlo. Ma volendo osservarlo da un punto di vista psicologico, mi sento di poter addurre ulteriori elementi a quanti già esaminati durante questi ultimi anni.

Subito dopo il mese di marzo del 2019, infatti, ben prima che medici e ricercatori indipendenti facessero chiarezza sulla possibile origine ingegneristica del nuovo virus, sulla infondatezza del protocollo ufficiale di cura (tachipirina e vigile attesa) e avanzassero pesanti sospetti sui sieri antigenici sperimentali proposti e imposti dal nostro governo, e ancora prima che venisse rilevata l’assoluta efficacia curativa di farmaci alternativi testati da oltre cinquant’anni (come ad esempio la colchicina, l’idrossiclorochina e l’ivermectina), ben prima di tutto questo mi ero già sentito in dovere di scrivere brevi articoli e di partecipare a trasmissioni di radio indipendenti nel tentativo di illustrare quante e quali manipolazioni psicologiche fossero state messe in atto dai detentori del potere.

Insieme a molti altri professionisti del mio settore, colleghi più o meno famosi che avevano intuito l’inganno attraverso considerazioni del tutto autonome e indipendenti, mi ritrovai così a denunciare come ci fosse un tentativo in atto di amplificare a dismisura paura e panico tra la popolazione così da poterla poi irretire in una sorta di Racconto Unico, o Pensiero Dominante, all’interno del quale sottomettere e poi annichilire quella dimensione di libertà potenziale (fisica, animica e spirituale) che dovrebbe essere considerata il tratto precipuo del nostro essere uomini.

Mostrai, o almeno tentai di mostrare, come i mass media implementassero e poi cavalcassero impunemente il terrore della morte, tratto distintivo e annichilente in una civiltà materialistica come la nostra, come usassero e abusassero della Programmazione Neuro Linguistica (PNL) per scardinare qualunque possibile riflessione autonoma e indipendente sul presunto fenomeno pandemico in atto e, infine, creassero ad arte i presupposti per quella divisione e opposizione tra le persone (divide et impera) che, come sempre, avrebbe permesso agli uomini di potere di condannare e perseguire chiunque si fosse allontanato da quel Racconto Unico a cui tutti avrebbero dovuto uniformarsi. 

Nei mesi successivi mostrai, o ancora una volta tentai di mostrare, come alla base del processo di irretimento della coscienza collettiva di un intero popolo ci fosse stata l’attivazione criminale di un meccanismo ben conosciuto da qualunque operatore del mio settore: quello della Dissonanza Cognitiva. Che in brevi e sintetiche parole potrebbe essere descritto come l’impossibilità per la quasi totalità delle persone di sostenere pensieri diversi da quelli sostenuti dal pensiero collettivo dominante, soprattutto se quei pensieri avrebbero poi dovuto riconoscere e denunciare intenzioni e comportamenti talmente aberranti nei propri simili da sfidare qualunque credibilità.

Di fatto, la maggior parte della popolazione italiana condivide le posizioni dell’attuale ignobile governo e sembra quasi non avvedersi della immane violenza esercitata per tacitare o altrimenti per stroncare qualunque voce di protesta o di opposizione. Pochissimi si avvedono, infatti, della mega-corruzione che ha tacitato il dissenso politico, resa complice la magistratura, ingannato la sanità e istigato alla menzogna tutti i mass media nazionali, senza alcuna eccezione.

Perché proprio a noi? Sulla base di quali meccanismi cognitivi?

Proverò a dare delle parziali risposte, iniziando da una affermazione che susciterà una immediata indignazione nella maggior parte dei miei lettori: il problema inizia dal fatto che tutti noi, uomini moderni occidentali, non siamo quasi mai i soggetti protagonisti e attivi del nostro proprio pensare… bensì ne siamo passivamente condizionati. La verità è che noi “siamo pensati”! 

Noi siamo pensati dalle nostre simpatie e antipatie, dalle nostre emozioni (siano esse basali o nobili o addirittura elevate), dalle ideologie che abbiamo creduto di poter riconoscere come giuste ed oggettive, dai nostri mille condizionamenti culturali, dai prìncipi con cui siamo stati allevati e chi più ne ha più ne metta. Noi “siamo pensati” da tutti questi moti animici per la maggior parte del tempo in cui siamo svegli e il nostro io, che lo si voglia ammettere oppure no, è oggetto passivo di tali automatismi cognitivi.

Questo è il motivo per cui, intuitivamente, quasi tutti noi riconosciamo dignità e valore al pensiero matematico perché, pur avvicinandosi soltanto al pensare puro, tuttavia esso garantisce una minima oggettività di sviluppo concettuale. Data una certa equazione o un dato problema geometrico, si può star certi che più ricercatori, una volta esclusa qualunque deriva di giudizio sulle proprie o sulle altrui capacità di esecuzione (Sei sicuro di saper contare? Io sono più bravo e più veloce di te… ecc.…), prima o poi arriverebbero tutti allo stesso identico risultato.

Ovvio che nella vita di tutti i giorni nessuno potrebbe porsi costantemente come soggetto attivo e padrone assoluto del proprio processo cognitivo; tutti partiamo da una visione del mondo (Weltanschauung) non necessariamente verificata, a volte addirittura inconsapevole, e così siamo posseduti da pensieri che ci attraversano e ci condizionano nonostante le nostre migliori buone intenzioni. Per dirla tutta, e fino in fondo, solo nella concentrazione interiore o nella meditazione, e a prezzo di un consapevole sforzo, l’Io si pone come soggetto del proprio pensare, imparando a svolgerlo fuori da qualsivoglia condizionamento come strumento della propria attività conoscitiva. Solo così si può arrivare a sperimentare un “pensare puro” che in rari ed eccezionali ricercatori può arrivare a rivelare la sua natura spirituale in quanto vero e proprio “Pensare Vivente”. Un “Pensare” che solo a questo livello di esperienza interiore l’Io del ricercatore può arrivare infine a contemplare senza più identificarvisi. Solo a questo livello l’Io è l’Io che dovrebbe essere, cioè a dire un soggetto libero da erronee identificazioni con il pensare che pensa.

Nella speranza di essere stato chiaro nei presupposti enunciati, e pregando il mio lettore di tenerli ben fissi al centro della propria consapevolezza, si potrebbe ora passare ad osservare cosa accade nelle situazioni di ordinaria condizione di veglia.

Cominciamo con il dire che, in realtà, tutti dovremmo essere educati a pensare prima di supporre di saperlo fare più che bene, senza bisogno di chiedere aiuto a chicchessia, e senza dover osservare almeno alcune regole basilari. E invece siamo tutti convinti di saper pensare in maniera autonoma e di saperlo fare più che bene. E ci arrabbiamo in malo modo quando qualcuno si permette di osservare che, forse, non siamo così tanto padroni del nostro pensiero... o che forse i nostri pensieri sono stati condizionati. Purtroppo, però, così è, come ho specificato all’inizio di questo articoletto, e la nuda e cruda verità è che noi piuttosto siamo pensati dai nostri moti di simpatia e antipatia, di emozione e sentimento se non addirittura dai nostri impulsi più oscuri (in quanto assai prossimi alla fisicità biologica). La condizione ordinaria di tutti noi non è perciò quella di essere dei veri e propri Io, cioè a dire soggetti protagonisti assoluti del nostro pensare, bensì di essere degli Io sognanti, nella cui coscienza vengono a svolgersi pensieri che non ci appartengono ma con i quali, ahimè, ci identifichiamo.

Dunque, non: “Sono… dunque penso!”

Bensì ancora: “Penso… dunque sono!” di cartesiana memoria, senza accorgersi dove e come compaia quel “penso…” né, tantomeno, Chi sia il soggetto che lo attiva (o promuove).

Stando così le cose, in una società come quella italiana nella quale la cultura è stata fatta a pezzi da decenni e i mass media (TV, Radio e Giornali tutti) hanno seminato a piene mani menzogne e falsità di tutti i tipi, hanno creato celebrità insulse (fondate sul mito dell’estetica, del narcisismo e dell’arroganza tipica dell’ignoranza), e confuso i piani di un qualunque dibattito portandolo sull’ingiuria, sulla diffamazione e sul sarcasmo triviale  anziché sul confronto delle conoscenze e delle idee, in una società come questa è stato facile promuovere un Racconto Unico seminando il terrore della morte e propagandando menzogne e facili slogan che chiunque, in un qualunque momento, avrebbe potuto ripetere a pappagallo.

Ecco così spiegata l’efficacia del neo-linguaggio, con i suoi: “Andrà tutto bene”, “Distanziamento sociale”, “Sacrificio etico”… oppure: “Complottisti”, “Negazionisti”, “No-Vax”, “Fascisti”…

Ma il bello (o l’osceno, a seconda dei punti di vista) devo ancora descriverlo. Perché, come ho scritto all’inizio, come è possibile che nessuno si sia accorto delle assurdità che circolano sui giornali, nei programmi televisivi o nelle trasmissioni radio? Come è possibile che nessuno avanzi il sospetto che, forse, come nazione fondamentalmente anarchica (anche se nella forma peggiore che si possa immaginare), l’Italia stia facendo da cavia per testare fin dove possa arrivare la violenza scatenata del Potere Assoluto della scellerata élite di Davos?

Purtroppo, è presto detto: tutto ciò è possibile perché una volta intrapresa la deriva di accettazione del Racconto Unico, le persone si sono convinte di aver partorito in maniera originale e autonoma i propri pensieri in merito all’attuale situazione e, come sempre avviene, per un meccanismo automatico della coscienza ordinaria, in quei pensieri si sono identificati.

Non: “Io provo ad elaborare e a verificare questo o quel pensiero”, bensì: “Io sono questo o quel pensiero”, perché, del resto, in me l’ho partorito, elaborato e liberamente verificato.

Il risultato è la violenza aggressiva sempre pronta a scatenarsi in tutti coloro che hanno finito per aderire al Racconto Comune non appena qualcuno osi anche solo alla lontana mettere in dubbio i convincimenti da lui così acquisiti. Perché la negazione delle loro presunte verità equivarrebbe alla negazione del loro proprio Io: non tanto “il tuo pensiero potrebbe essere sbagliato”, quanto piuttosto: “Tu sei sbagliato”. Non a caso, nei primi tempi della pandemia, quando ancora non erano chiari tutti i complessi meccanismi psichici coinvolti nel fenomeno che tutti stavamo vivendo, molti di noi hanno perso amici e conoscenti vari solo perché, increduli, hanno gridato loro: 

“Ehiiii, svegliatevi… ma non vi accorgete di cosa stia accadendo?”

In effetti, era un vero e proprio insulto. Ancora più insopportabile perché chi lo subiva sentiva denigrato il proprio Io che, nel frattempo, con il Pensiero Unico si era andato identificando.

Per questo, oggi, non è possibile interloquire più con nessuno a meno ché non sia già stato colto dal dubbio e sia riuscito a disidentificare il proprio soggetto interiore pensante dai pensieri che intende esaminare.

Per risolvere una equazione di primo grado (come questa, ad esempio: 2x + 7 = x + 2) due o più persone non avrebbero alcun bisogno di arrabbiarsi o di dare in escandescenze se anche fossero giunte a conclusioni diverse; basterebbe mettersi di buon grado e, soprattutto, tutti insieme a verificare i vari passaggi fino a trovare la verità matematica finale.

Le situazioni sociali, come ad esempio quella che stiamo vivendo, sono di sicuro più complesse e diversamente articolate, ma non sarebbero poi così dissimili da quella su riportata come esempio.

Ma così non accade perché tutte le più efficaci strategie sono state usate per manipolare la libera elaborazione del pensiero della popolazione italiana. 

Pensare costa fatica! Pensare costa una fatica immane e, in più, occorre essere disposti ad un lavorio senza fine, perché la Verità è un Essere-in- continuo-movimento, e le parziali verità che di volta in volta noi intuiamo sul piano terreno necessitano di essere ri-messe in discussione, come giustamente sentenzia uno dei principi basilari del metodo scientifico (Popper: una teoria può dirsi scientifica solo se falsificabile, altrimenti è un dogma). E, come se non bastasse, per poter pensare in maniera libera occorre saper vincere indicibili forze di inerzia personali nonché altre, immancabili, di opposizione aggressiva esterna.

Ma se pensare costa fatica, una fatica ancora maggiore dovrebbe affrontare chiunque fosse così onesto con se stesso da riconoscere il dubbio: “E se mi fossi sbagliato?” “Se fossi stato un ingenuo e non mi fossi accorto del raggiro in cui sono caduto?”.

Non c’è dubbio alcuno che ben poche persone posseggano oggi una tale forza di umiltà e coerenza interiore. Una volta intrapresa un’idea, per quanto in seguito essa possa mostrare la sua vacuità, sarà estremamente difficile rinnegarla, riconoscere di essersi ingannato e di essersi addirittura identificati con essa.

Come se non bastasse, nell’attuale situazione storica, dopo due anni di reclusioni (look down) proibizioni e vessazioni di varia natura, la debole coscienza collettiva italiana ancora si crogiola nell’illusione di poter tornare alle precedenti libertà accettando “miseri e innocui” piccoli sacrifici: cosa vuoi che sia una punturina? Che problema vuoi che rappresenti la mascherina? Può essere mai una difficoltà accettare il tracciamento elettronico?

L’importante è poter tornare a fare i propri comodi: andare a lavorare e poi vedersi con gli amici al ristorante o in discoteca, al cinema o a teatro, tornare a viaggiare. In fondo siamo già controllati attraverso cellulari, social e carte di credito… e, soprattutto, noi gente per bene non abbiamo alcunché da nascondere o di cui vergognarci.

La pochezza, la cecità e il qualunquismo di questi pensieri sono equiparabili soltanto alla “nudità della vita biologica” (Giorgio Agamben) che senza accorgersene propugnano. Vivere per vivere! Anche senza scopi o chissà quali significati… tutto può essere accettato, purché si rimanga vivi in un mondo senza perché alcuno.

Ora spero con queste mie riflessioni di aver in minima parte contribuito alla ben più complessa risposta che possa un giorno spiegare in maniera esaustiva la domanda: “Perché proprio a noi?”

L’anima di popolo italiana è asociale, furfantesca, irriverente, egoistica, anarchica pur senza riconoscerlo… ma anche creativa, sfrontata, libertaria e capace di improvvisi e gratuiti slanci eroici. Troppo pericolosa e imprevedibile per qualunque regime dittatoriale. Doveva essere piegata, stuprata e annichilita, obnubilata e costretta in catene… e così offerta alla platea globale. Umiliata e resa inerme, risulterà da monito per chiunque altro.

Al raggiungimento di questo obbiettivo sono stati destinati milioni di euro per corrompere e comprare o ricattare chiunque fosse congeniale allo scopo. I migliori e più perversi ingegni sono stati utilizzati per realizzare la programmazione di un colossal cinematografico che non ha precedenti nella storia umana, mentre alla regia, alle luci e ai suoni dello spettacolo sono stati inviati involucri dalle sembianze umane il cui violento istinto predatorio ricorda quello dei grandi sauri carnivori dell’epoca Mesozoica.

Non resta che attendere: lo scontro è in atto… e bisognerà vedere se e quando l’anima Bella e Addormentata del popolo italiano riuscirà a svegliarsi.

Perché una cosa è certa: qualunque sarà l’esito dell’epico scontro, alle fine la responsabilità sarà da attribuire tutta – e sottolineo tutta – alle capacità di coscienza dell’anima italiana.

 

Piero Priorini

giovedì 17 giugno 2021




Capriole Dialettiche


- Ti sei vaxxinato?

Questa è la prima domanda in assoluto che le persone oramai rivolgono a tutti quelli che incontrano più o meno per caso dopo qualche tempo che lo avevano perso di vista.

Non più: “Ciao, come stai? Tutto bene? Che piacere incontrarti…

No!  Oramai il saluto è cambiato: “Ti sei vaxxinato?” Senza neanche un misero “Ciao”.

Quale immiserimento… quale condizionamento stiamo vivendo…

Ma va bene così. Questi sono i tempi.

La situazione, però, diventa drammatica qualora la risposta dovesse mai essere negativa: 

“Non ti sei Vaxxinatoooo? Non vuoi farlooooooo? Ma come ti permetti?”

 

Occorre ammetterlo: coloro che vorrebbero dominare questo nostro mondo e disumanizzare l’uomo sono straordinariamente intelligenti, brillano di acume, così come scintillano d’ingegno i loro fidati sgherri.

Dico questo perché ho dovuto prendere atto di quanto subdolo ma efficace sia il messaggio che i personaggi più famosi (ma anche più vili e più corrotti) attraverso TV, radio e giornali vari, hanno riversato nelle menti delle persone:

“Bisogna vaxxinarsi per il bene di tutti, come atto di solidarietà e socialità… e chi non lo fa è un riprovevole individualista che vorrebbe sfruttare l’altruismo della maggior parte delle brave persone per i propri egoistici fini. Se ne vuole approfittare”.

Incredibile come è ben strutturato e congegnato questo messaggio… ed è ovvio, allora, che sia passato senza incontrare nessun ostacolo nella coscienza collettiva di una popolazione oramai quasi del tutto asservita al Racconto Unico Dominante. Ed altrettanto ovvio è il risentimento, la rabbia oscura e la violenta reazione aggressiva degli asserviti contro coloro che osano opporre convincimenti contrari o anche semplici dubbi.

Ma perché tanta violenza?

La logica delle loro accuse è davvero così impeccabile?

Proviamo a farne l’analisi…

Allora: qualcuno non vuole vaxxinarsi perché magari non è convinto dell’efficacia dell’intruglio o perché intimorito dai suoi possibili negativi effetti futuri. Ecco allora che viene subito attaccato come se fosse un verme vigliacco che vuole sfruttare il sacrificio degli altri… Il sacrifico? Ma allora… correggetemi se sbagliassi, questo vorrebbe dire che gli altri si “stanno sacrificando”! Ma il vaxxino che si sono iniettato non rappresenta la loro liberazione? Non è stata l’inoculazione - come ha recitato uno dei tanti loro ispiratori - il momento più gioioso, più felice e liberatorio della loro vita? Non sono stati inondati di felicità quasi avessero preso la loro prima comunione? Perché allora la collera furiosa contro quei pochi che non se la sentono o comunque non vogliono vaxxinarsi? Tutt’al più dovrebbero essere compatiti per la loro paura, non odiati come se stessero sfruttando il sacrificio di tutti gli altri.

Si dirà: li odiamo perché nella loro vulnerabilità al contagio potrebbero estenderlo anche a noi!

Scusate… ma non vi siete vaxxinati? Non siete dunque così sicuri della vostra copertura? Perché temete per voi?

Ma non sarà, per caso, che in una zona oscura della vostra coscienza qualche dubbio, qualche sospetto o qualche indesiderato timore lo percepite anche voi? Magari lo avete tacitato, per aderire al costume collettivo, per sentirvi “Quelli Giusti” in quanto “tanti”, e tutti “buoni e bravi”… ma non sarà che sotto sotto anche voi avete paura, e allora dovete convincere tutti i dissidenti ad abbracciare la vostra posizione. Anche con la forza… Perché vi è intollerabile che qualcuno possa testimoniare a viso scoperto la propria libertà di giudizio e, dunque, la propria diffidenza… oppure osi sfidare quel Male e quella Morte di fronte ai quali voi, invece, vi siete cacati sotto… o che, addirittura, Dio non voglia, qualcuno di loro possa magari salvarsi là dove voi invece accuserete danni irreversibili?

Perché, altrimenti, odiare chi vorrebbe sottrarsi agli obblighi vaxxinali? Al limite si dovrebbe essere orgogliosi che con il proprio corretto e responsabile comportamento si possano salvare anche così tanti fifoni vigliacchi.

Ma si dirà: no! Perché gli inadempienti potrebbero rendere inutile il nostro sacrificio rendendosi portatori di chissà quali varianti?

E io ripeto: a parte il fatto che voi dovreste essere coperti, perché tali dubbi? Non lo avete letto, non lo avete udito dagli esperti che, semmai, potrebbe essere vero proprio il contrario? Perché la maggioranza degli studi afferma che saranno proprio i vaccinati a poter contrarre le varianti che il Grande Virus, nel tentativo di sopravvivere a quei cattivoni di umani che vorrebbero eliminarlo, elaborerà per farla franca. Insomma… la verità è che potreste essere proprio voi, i vaxxinati, ad essere pericolosi per i dissidenti che vorrebbero contare sul proprio autonomo sistema immunitario per convivere (più che eliminare) il Grande Virus.

Insomma: perché tanta ferocia?

Si dirà: perché i dissidenti non rispettano la socialità. Non hanno a cuore il benessere di tutti e se ne fregano della possibilità di infettare chiunque nel loro vivere nel mondo.

Ah… eccolo il cuore pulsante della questione.

Ma davvero? È questo che pensate?

Bene… esaminiamolo questo concetto di responsabile socialità: è vero! In quanto esseri umani tutti noi “conviviamo”, siamo tutti piccole cellule di un unico grande organismo vivente e dovrebbe essere inimmaginabile che qualcuno possa vivere per sé stesso disinteressandosi del bene comune. La nostra piccola individuale esistenza ha un senso solo in quanto facente parte dell’intera Umanità e nessuno, sottolineo nessuno, dovrebbe potersi sentire appagato o soddisfatto finché ci saranno altri che soffrono o muoiono per tutta una serie di calamità. Tutti noi siamo una Sola Meravigliosa Unità… e come tale dovremmo sentirci e comportarci.

Verissimo!

Ma quando mai lo abbiamo fatto davvero?

Non viviamo forse da sempre in un divario economico mostruoso, nel quale alcuni se ne vanno in giro con automobili, abiti e accessori che costano una fortuna, mentre altri, molti altri, muoiono nell’indigenza, nudi e derelitti, senza neanche entrare nella visuale di coloro “che contano”? E quando mai che ce ne siamo fregati di assicurare ai nostri simili una vita decente, un lavoro dignitoso, le cure necessarie… oppure di eliminare la Fame nel mondo … oppure, ancora più semplicemente, di testimoniare la nostra sentita considerazione, la stima o addirittura l’amore incondizionato a quanti fossero derelitti? E quando guidiamo con spericolatezza le nostre auto e moto sulle strade, ci preoccupiamo forse davvero di ciò che potremmo causare in un momento di distrazione? E quanto ci preoccupiamo di essere sociali quando mettiamo al mondo bambini che poi violenteremo con il nostro egoismo, con la nostra incapacità di amarli per quello che sono, o facendo subire loro le nostre inadempienze come genitori? O ancora, quando licenziamo un dipendente, sbagliamo la pratica di un nostro assistito, inganniamo e truffiamo qualcuno, siamo davvero così preoccupati?

Nei primi anni ’80 del precedente millennio scoppiò l’AIDS… mettendo a rischio la pratica umana forse più essenziale, più significativa, più coinvolgente tra tutte quelle mai esistite. L’umanità fu colpita in un suo centro nevralgico… ma si è forse fermata? Abbiamo smesso di fare l’amore? Ci siamo tenuti a distanza? Ma neanche per sogno… e a volte con mille precauzioni (anche se a rischio, perché i preservativi potevano pur sempre rompersi)… ma tante altre volte sfidando il caso, sempre e comunque ci siamo amati. Spesso infettandoci… senza davvero volerlo. A volte morendo... ma sempre continuando ad amarci.

Eppure, non ricordo campagne a tappeto sul mancato rispetto del senso sociale. Ci dicevano di essere attenti, prudenti, accorti… ma nessun giudizio di asocialità fu mai pronunciato.

 

Adesso, quando qualcuno afferma di non volersi vaxxinare, subito viene guardato con un odio feroce e accusato di mancare del più elementare senso di socialità. Ma SOCIALITA’, in realtà, vuol dire “inclinazione alla convivenza sociale”, e implica empatia (cioè capacità acritica di condividere almeno in parte gli atteggiamenti altrui), disponibilità ad accogliere la complessa diversità degli elementi culturali di un ambiente comune e il saper condividere sé stessi, nel bene e nel male. Essere sociali significa sentirsi parte integrante di un insieme ampio e diversificato, dove convivono luci e ombre, bene e male, pareri discordi, idee contrastanti che attendono di essere conciliate in una superiore percezione della realtà. La socialità implica apertura mentale, rispetto, comprensione, sacrificio di sé, tolleranza, generosità e liberalità.

Non mi sembra sia proprio questa a cui alludono tutti coloro che ne impugnano il vessillo, in realtà per trafiggerci tutti coloro che anche solo di poco si discostano dalla loro propria rigida visione della realtà delle cose nell’attuale momento storico.

 

 Ma non sarà per caso che tanta attenzione alla socialità, di cui la gente si riempie la bocca, si riduca ad essere una ossessiva attenzione solo a sé stessi… alla propria integrità e salute? Non sarà che questa presunta socialità che tutti sbandierano nasconda solo un bieco interesse personale?

 Una cosa comunque è certa… che nessuno se la sentirebbe di affermare:

“Mi sono fatto il vaxxino, facendomi convincere dalla propaganda, oppure per poter andare in vacanza all’estero, in palestra, al cinema, allo stadio… rischiando chissà quanto, e tu mo’ non te lo vuoi fare... sputtanando le mie astratte razionalizzazioni, buttandomi in faccia che sono io il cagasotto, e magari, un giorno, rimanendo tu sano di fronte a me malato...”

Be’ no, una affermazione del genere nessuno oserebbe mai farla. Allora meglio ribaltare la frittata così come i suggeritori del Racconto Unico ci raccomandano di fare: 

“Sei tu il complottista che vuole attentare al buon andamento della società… sei tu il dissidente, l’asociale, il cattivone egoista che vuole sfruttare il sacrificio degli altri. Sei tu, e non io, che vuoi essere libero a discapito della libertà altrui”.

E la condanna, allora, è senza appello! 

 

Mica male no? Anzi, straordinario… bisogna ammetterlo: coloro che sono al timone del Grande Inganno sono davvero bravissimi. Dei veri Maestri della dialettica vuota, astratta e manipolatoria. Entità Sublimi che sulla masturbazione mentale e perciò sterile dell’Uomo stanno tentando di edificare un proprio regno, separato per sempre da quello divino. 

 

giovedì 23 aprile 2020

Matrix e Convid19 a confronto








Alcuni anni fa, durante uno degli ultimi cine-forum a sfondo psicanalitico che dirigevo, proposi per l’ennesima volta il film del 1999 diretto dai fratelli Wachowski: Matrix il quale, oltre a ricevere numerosissimi premi, registrò uno dei più forti impatti culturali di tutti i tempi… un film che, presentatosi sotto le mentite spoglie della fantascienza, mi dava il permesso di entrare in molti dei miei temi di discussione preferiti da sempre. Mi stimolava il fatto che, volendo, avrei sempre potuto trovare nuovi spunti per affrontare temi fino ad allora non del tutto approfonditi.
Così fu quell’ultima volta. Come sempre, all’inizio, cercai di chiarire i significati che si celavano dietro i nomi dei protagonisti e dei luoghi in cui si svolgeva l’azione (Neo, Trinity, Bianconiglio, Morpheus, il Nabucodonosor, l’Agente Smith, la città di Zion) e quali “forze” dell’animo umano avremmo visto in gioco nella trama del film. Ma accortomi che la maggior parte dei convenuti, quella sera, erano spettatori di vecchia data, amici che già avevano partecipato almeno ad un altro incontro sullo stesso film, decisi che una volta tanto avremmo fatto diversamente. Perciò dissi loro che, ad un certo punto, avrei interrotto il film per dedicarci e approfondire il tema che quell’ultima sequenza proponeva.
Feci dunque partire il film e mi fermai subito dopo la scena in cui Chyper tradisce Morpheus e lo consegna agli Agenti in cambio di un ritorno permanente in Matrix. Il dialogo tra lui e l’agente Smith, durante la cena in un lussuoso ristorante virtuale, suona pressappoco così:
- La realtà, agente?... Ma che cos’è la realtà?... Vede, io so benissimo che lo squisito sapore di questo boccone di lombata arrosto si traduce in una manciata di bit, così come lo è il sapore e l’odore di questo meraviglioso vino d’annata, o il piacere che potrebbe procurarmi quella bellissima donna seduta al tavolo di fronte a noi. Ma, vede agente, queste sono esattamente le sensazioni che i miei organi proveranno, queste sono le realtà che io sperimenterò… per cui, sì! Agente, rimettetemi pure nel computer e in cambio di questa mia delazione vorrei che mi concedeste di essere ricco, celebre, ammirato e desiderato dalla più belle donne del programma.
Spensi il proiettore, accesi la luce e chiesi al mio piccolo pubblico: “Allora, che cosa ne pensate? Alla fin fine, anche se con la coscienza addormentata per sempre all’interno di una macchina, se le sensazioni che potremmo provare sono di immenso piacere… perché non prediligere una realtà virtuale a quella così detta vera? Cosa mai distingue la realtà che viviamo tutti i giorni, e che molti oramai affermano essere relativa, da una realtà virtuale creata da una macchina a cui potremmo essere attaccati? Calatevi fino in fondo in una plausibile possibilità di questo tipo, immaginatevi che sia possibile realizzarla (ed è vero che tecnologicamente ci siamo vicinissimi) e siate spregiudicati… tutto sommato, perché no? E se è no… perché no?
Era chiarissimo a tutti che li stavo provocando. Che li costringevo ad immaginarsi connessi ad un mega-computer capace di soddisfare sensorialmente tutti i loro più profondi desideri e a chiedersi per quale reale motivo avrebbe avuto un senso rifiutare una tale possibilità.
Il silenzio si protrasse per diversi minuti, e solo con estrema difficoltà la discussione imboccò la direzione che io mi aspettavo prendesse: quello della realtà della realtà. Un tema arduo, difficilissimo da sviluppare in maniera corretta e rigorosa e che, se lo si vuole affrontare con assoluta onestà e lucidità di pensiero conduce al testo “Filosofia della libertà” di Rudolf Steiner o a quelli, altrettanto rigorosi di Massimo Scaligero.
Molti dei miei ascoltatori non avevano alcuna preparazione in filosofia o in meccanica quantistica, perciò non sapevano nulla del dogma kantiano che impedisce da secoli, a chiunque, di professare una qualunque certezza sulla realtà-in-sé (o cosa-in-sé) oggetto dei nostri studi, né tantomeno sulla relatività del mondo fenomenico.
Fu una fortuna, perché senza l’ingombro della dialettica intellettuale, cerebrale e astratta propria delle persone più colte, alla fine arrivammo molto vicini ad una presa di coscienza dell’irrinunciabile valore della realtà oggettiva del mondo e del suo significato ai fini del raggiungimento o meno della libertà dell’uomo.

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Sono passati molti anni da allora, e ci troviamo oggi di fronte ad un evento epocale che sta distruggendo non tanto o non solo il mondo nel quale fino ad ora avevamo vissuto ma, soprattutto, la coscienza dell’uomo moderno contemporaneo. Un virus… un essere al confine tra la vita e la non-vita, così piccolo da essere invisibile anche per la maggior parte dei microscopi, strumentalizzato senza alcun pudore da lobbies politiche ed economiche… un virus sta aggredendo la nostra coscienza portandola a sbilanciarsi a favore di una realtà virtuale cui affidare il significato della propria vita.
Sono bastati due mesi di segregazione agli arresti domiciliari e un bombardamento mediatico senza precedenti di TV e giornali allineati al Pensiero Unico per istupidire la coscienza collettiva di un’intera nazione e generare consensi verso la missione salvifica della nuova tecnologia.
Sempre più spesso, in questi giorni, mi sono sentito dire che: una App che ci indica chi fosse contagiato?… Be', in fondo… essere schedati e tracciati per avere un feed-back continuativo sul proprio stato di salute… e, in più, potersi difendere da chi fosse aggredito dal male e volesse celarlo… perché no? E poi, in fondo: “Non ho nulla da nascondere io”.  E il lavoro da casa, perché no? Niente più automobile, spese per la benzina, parcheggi… niente più autobus, metropolitane, corse affannate sotto la pioggia o sotto il sole. Dai… mica male, no? Fare la spesa online e vedersi i prodotti alimentari consegnati a domicilio, ma anche libri, vestiti, liquidi svapo, elettrodomestici, gli ultimi accessori Hi-Tech… bello nevvero? E anche la palestra, sostituita da pedane e cyclette che, con grandi schermi ci proiettano in ambienti naturali che non avremmo mai potuto davvero visitare… e, magari, insieme a persone che vivono in altre lontane città del mondo. E poi coche privati, che insegnano solo a noi… Insomma, perché no? E la scuola per i nostri figli… via Zoom o Skype, con gli insegnati che controllano la situazione da remoto… tutto sommato… staremmo tutti insieme a casa, e l’istruzione sarebbe pur sempre la stessa. E su piattaforme virtuali potremmo addirittura incontrarci, approfondire la nostra conoscenza e, pian pianino, scoprire quanto piacere potremmo darci anche così, eccitandoci reciprocamente e osando virtuosismi erotici che in realtà mai avremmo osato. Davvero… perché no?
Tutte queste possibilità non sono il futuro. Sono il presente che attende solo di essere accettato.
Quelli che ragionano, che pensano davvero e che vedono i pericoli insiti in questa catastrofe coscienziale sono pochi. Sono pochissimi, se paragonati a coloro che un passo dopo l’altro si stanno lasciando attrarre dal miraggio di un collegamento continuo con il proprio computer e, attraverso quello, con la ben più Oscura Intelligenza Artificiale animata dal Signore di Questo Mondo.
Nessuno, o almeno pochissimi, si rendono conto del disastro irreversibile che stiamo tacitamente giustificando. Il valore oggettivo della Realtà, la realtà della realtà, la verità spirituale oggettiva di questa dimensione terrena nella quale stiamo vivendo la nostra vita di uomini è quasi del tutto sconosciuta alla maggior parte delle persone. Il significato della vita è minacciato, e molti sarebbero pronti a giurare ubbidienza al Grande Inquisitore di turno pur di avere garanzia e sicurezza per le loro piccole non-vite.
I primi, non risibili effetti, sono sotto gli occhi di tutti.
Nel mio piccolissimo, già registro bambini con il panico di uscire dalla protezione della casa e poter incontrare altre persone infette, poliziotti cattivi o, addirittura il Mostro in prima persona (il “Birus” come balbetta il figlio cinquenne di una mia cara amica). E che dire della graduale perdita dell’impulso all’incontro-confronto con gli altri bambini, della loro naturale socialità e della primigenia fiducia nel mondo? In soli due mesi abbiamo creato Imprinting che intaccheranno l’essere profondo delle future generazioni e non vorrei essere nei panni dei miei futuri colleghi quando, tra venti o trent’anni, si troveranno a dover risalire all’origine di chissà quali disturbi della personalità dei loro pazienti. Se saranno terapeuti anziani, forse il ricordo dell’abominio che oggi, tutti noi, attraverso una sorta di complicità tacita, stiamo imponendo alle nuove generazioni, potrà orientare la loro ricerca. Ma la vedo dura… e, se le cose dovessero proseguire in questa direzione, sarò felice del fatto che non vivrò così a lungo da vederne i tragici effetti.

Nel film (il primo Matrix, finito e compiuto in sé stesso, perché gli altri due sequel sono solo una “marchetta” ai botteghini), Neo sconfiggerà Matrix, grazie all’assoluta fede di Trinity nell’amore che alberga nel suo cuore. Un amore così puro e assoluto che riuscirà a sconfiggere la morte e a far crollare il piano diabolico in cui il mondo era irretito.
Ci sveglieremo anche noi da questo incubo collettivo? O lo faremo solo quando sarà troppo tardi? La partita, per ora, è ancora aperta…

Ah, dimenticavo… quella sera, alle mie provocatorie domande, solo due persone si avvicinarono intuitivamente a cogliere perché, qual ora ne avessimo la possibilità, sarebbe terribile scegliere la “realtà virtuale” e a immaginare per quali occulti e sani motivi bisognerebbe rifiutarla.
Erano due donne. Non credo sia stato un caso.


domenica 5 aprile 2020

Il Complottista










C’era una volta, molti e molti anni or sono, un “Linguaggio umano” pressoché parlato e compreso dalla maggior parte degli uomini. Le Parole di cui era composto – lo si sapeva bene – avevano un’origine sacra: provenivano dal Verbo, o Azione Primordiale, vera e propria Forza Attiva creatrice di mondi che, attraverso il Suono, aveva originato prima le forme, dalle forme gli enti (o le cose) e, riecheggiando poi attraverso la laringe degli esseri umani, si era fatta linguaggio.
Un codice, quello verbale, che attraverso le parole di cui era composto in quei lontani tempi, evocava la Verità. Un idioma al quale bastava abbandonarsi con fiducia per ritrovare, almeno in parte, il senso del proprio esistere nell’esilio terreno. Le parole erano magiche!

Nella clessidra cosmica del Tempo, però, la sabbia disperdeva inesorabile i suoi granelli e ad ogni rotazione di 180° si estingueva un’era e una nuova ne iniziava, ma sempre più dimentica delle proprie origini divine. Così, piano pianino, il linguaggio umano degenerò perdendo l’originale corrispondenza tra il suono e il suo significato.
Esseri Oscuri, che da tempo immemore anelavano a impossessarsi del creato, giudicarono opportuno approfittarne: si fecero pressanti sull’anima degli uomini e, fingendo di esaltarne l’acume cerebrale, restaurarono l’antica Babilonia. Bastò Loro manomettere lo “specchio riflettente” dell’uomo e le parole persero definitivamente la corrispondenza con i suoni dai quali erano state originate, i suoni persero la forma che apparteneva loro fin dagli albori del tempo e, con la forma, si disperse il significato a cui prima rimandavano. Gli Esseri Oscuri esultarono: nessun uomo più comprendeva l’altro… il sospetto e il dubbio erano la regola e nella dissoluzione di ogni concetto o principio di riferimento gli umani persero di vista quel traguardo di fraternità, amicizia, complicità e coesione che erano stati sfidati a raggiungere. La vita sociale degenerò.

Questo lo sfondo della storia che stiamo per raccontare.
Soltanto pochi decenni fa la parola: Paranoia faceva parte della nosografia psichiatrica e con essa si intendeva una psicosi caratterizzata da un delirio cronico, basato su un sistema di convinzioni, principalmente a carattere persecutorio, non corrispondenti alla realtà. Questo sistema di convinzioni si manifestava sovente nel contesto di capacità cognitive altrimenti integre. La paranoia non era quindi un disturbo di ansia, bensì appunto una psicosi. Si trattava in sostanza di disturbi del pensiero (giudizio distorto, sbagliato) di cui il paziente non era in grado di prendere coscienza. Alcuni studiosi ritenevano, perciò, forse non a torto, che in questi soggetti avvenisse una destrutturazione della “coerenza” implicita e necessaria nei sillogismi che sono alla base del ragionamento comune (la deduzione aristotelica). Così che, tanto per fare un esempio classico, mentre nella persona di sano intendimento il sillogismo si sviluppa nel seguente modo:

“Socrate è un uomo
Tutti gli uomini sono mortali
Socrate è mortale”

Nel paranoico lo stesso sillogismo avrebbe potuto facilmente distorcersi in

“Socrate è un uomo
Tutti gli uomini sono mortali
Tutti gli uomini sono Socrate”

Come si può osservare, la perdita della “coerenza” tra premessa maggiore affermativa o negativa, e premessa minore (o secondaria), distorcerebbe la conclusione necessaria che da quella coerenza dovrebbe derivare.
E adesso aggiungiamo al disturbo cognitivo così caratterizzato del paranoico:
1) una delirante convinzione di essere perseguitato che, quasi sempre, rappresenta una sorta di degenerazione patologica di tratti caratteriali come pregiudizio, diffidenza e insicurezza (perdita del controllo) di oscura derivazione (forse reattiva, forse endogena)
2) una totale mancanza di modestia (forse compensatoria)
3) una inattaccabile rigidità dei meccanismi di difesa (negazione e proiezione) con i quali il paranoico sempre difende il proprio io… 
Come risulterà evidente a chiunque, il risultato di questa diabolica combinazione sarà che tutti quegli eventi che da una persona normale potrebbero essere considerati fortuiti o casuali per un paranoico saranno quasi sempre intenzionali e criminali.
Prendiamo adesso in considerazione un'altra caratteristica della Paranoia, forse la più importante ai fini del racconto che stiamo narrando: l’estrema difficoltà, anche in sede psichiatrica, di distinguere con chiarezza la soglia dove una legittima paura, un lecito sospetto o un accettabile dubbio di una persona, sconfini di fatto nel delirio. Così, ad esempio, dove si situa il confine tra un reale e scorretto pregiudizio di un insegnante nei confronti di un allievo e la convinzione delirante di quello stesso allievo che l’insegnante lo abbia preso di mira? Ma saliamo di livello: qual è il confine che giustificherebbe la paura o il sospetto di un Presidente o di un Capo di Stato di poter essere allontanato dalla scena politica se non addirittura di essere eliminato, da una condizione, invece, patologica di delirio di persecuzione che sembra far parte, oggi, della struttura caratteriale di molti politici moderni? Come già detto, è davvero difficilissimo distinguere tra delirio e legittimi sospetti, anche e soprattutto perché la moderna realtà nella quale tutti viviamo è estremamente complessa e presenta una quantità tale di sfaccettature (chiare ma anche oscure) che pochissimi osservatori potrebbero presumere a pieno diritto di saperne abbracciare la totalità. E questo è valido anche per gli psichiatri i quali, pur senza rendersene conto, potrebbero aver aderito ad una visione del mondo collettiva sì, ma anche ridotta e, su quella base, condannare alla follia spiriti insigni dallo sguardo spregiudicato.
Attenzione, però. Con le righe di cui sopra non si vuol negare la necessità e la possibilità di riuscire a intravedere la soglia di demarcazione tra delirio e legittimi sospetti… si voleva solo sottolineare l’estrema delicatezza della differenziazione e la necessità, in colui che fosse chiamato a ratificarla, di apertura interiore, elasticità, spregiudicatezza e tanta tanta esperienza.

Oggi, però, tutte queste raccomandazioni risultano superflue. Il termine Paranoia, infatti, è entrato nel gergo comune, ha perso tutte le sue sfumature nosografiche e con la complicità dei giovani che sono sempre alla ricerca di elementi che distinguano la loro generazione da quelle precedenti, in pratica viene affibbiato a destra o a manca: basta soltanto che il pensiero di qualcuno si discosti o metta in dubbio la realtà condivisa dai più… e il giudizio è pronunciato. La coscienza collettiva non tollera divagazioni, dubbi, perplessità o sospetti. Figuriamoci critiche, denunce o scomode accuse.

E adesso facciamo ancora un passo e affrontiamo il termine: Complottista. 
Cominciamo andando ad aprire una vecchia e affidabile enciclopedia di fine anni ’80… e scopriamo che con il termine “complotto” si indicava: “Congiura, intrigo, macchinazione ai danni delle autorità costituite o di privati” e che “complottisti” o “congiurati”: “sono coloro che organizzano un complotto ai danni di… ecc..”
Così le vecchie enciclopedie. Ma da qualche decina di anni, sempre a causa del disfacimento del senso e del valore del linguaggio, si fa strada una nuova definizione e come “complottista” finisce per essere qualificato non più chi trama una congiura, bensì colui che tende a interpretare ogni evento come complotto pur non possedendo alcun fondamento, essendo questo atteggiamento più che altro la risultante di una fissazione o mania.
Questo è quello che si trova oggi su qualunque enciclopedia digitale (compresa la Treccani).
È importante notare qui il salto logico: il complottista non è soltanto un individuo che vede complotti ovunque, ma è “fissato” su questa idea, il complotto è diventato per lui una magnifica ossessione, quasi una “mania”. Nel senso comune, dunque, il complottista ha finito per essere visto come “malato”, un individuo psicologicamente fragile se non addirittura un folle.
Il “complottista patologico” è ben descritto nel film di Richard Donner “Ipotesi di Complotto”, dove il protagonista interpretato da Mel Gibson è così ossessionato da queste teorie da accettarle tutte come attendibili e cercare cervellotici collegamenti per arrivare a descrivere un unico grande complotto mondiale. Salvo poi essere rapito dalla CIA che già in precedenza lo aveva sequestrato per effettuare su di lui alcuni esperimenti… segreti, si intende.
A questo punto il lettore più attento avrà notato una sorta di sovrapposizione: in maniera sottile è come se il concetto di “Paranoico” fosse diventato intercambiabile con il concetto di “Complottista” e in tale gratuita distorsione è passato nel linguaggio comune. Ma dato il fatto che non siamo più nell’ambito di un pensare accorto e misurato, all’interno del quale – come ho scritto più sopra - dovrebbe sempre essere considerata l’estrema difficoltà di individuare la soglia dove un dubbio potrebbe avere una sua legittima ragione di esistere, il linguaggio comune usa ed abusa tale termine come fosse un’accusa infamatoria. Essere complottisti, oggi, significa essere ingenui, sciocchi o nevrotici fissati, in cerca di una qualsiasi originalità.
La psichiatria moderna da una mano alla confusione creatasi e così, con una presa di posizione che lascio giudicare ad altri se stupida, o arrogante, o ingenua, o in malafede, due psichiatri britannici, Daniel Freeman dell’università di Oxford e Richard Bentall dell’università di Liverpool, pubblicano uno studio intitolato “The concomitants of conspiracy concerns” nel quale sembrano voler fare “di tutta un’erba un fascio” e i cui risultati, riportati da un articolo divulgativo sul Guardian possono essere così riassunti:
“… i complottisti sono prevalentemente maschi single provenienti da bassi livelli socio-economici; tendono a soffrire, molto più della popolazione generale, di disturbi d’ansia e di deficit dell’attenzione, di fare abuso di alcol e di droghe. Tutte situazioni che spesso contribuiscono a una bassa autostima”.
Dell’assoluta necessità, oggi più che mai, di complessi distinguo, di cautela, di spregiudicatezza e apertura mentale, neanche a parlarne.
A meno che non si vogliano interpretare le parole dei due professoroni inglesi nel senso che chi non è maschio single, non soffre d’ansia e deficit dell’attenzione, non fa abuso di alcol e di droghe e può contare su un discreto livello di autentica autostima, allora può stare tranquillo: le sue affermazioni, anche se discoste da pensiero comune, non saranno mai tacciate di complottismo.
Insomma… con la destrutturazione e l’evanescenza del linguaggio, la confusione regna sovrana.
D’altronde, si sa… l’uomo della strada non è portato a sospendere il giudizio (la così detta epochè dei greci) né a pensare che le cose possono essere in un modo, ma anche in un altro. Piuttosto, nella popolazione nascono due posizioni estreme e contrapposte, apparentemente inconciliabili:
1) Il complottista, nelle cui fila militano sia individui più o meno disturbati ma, oggi in sovrannumero, soprattutto intellettuali, giornalisti free lands, premi Nobel, affermati ricercatori scientifici, professionisti più che accreditati in medicina, biologia,fisica, ingegneria e artisti di varia fama. È ovvio che tutti questi ultimi di nevrotico non hanno proprio nulla… ma la loro esclusione dal consesso scientifico e pubblico è dovuta solo ed esclusivamente al fatto di camminare nel dubbio e di avanzare critiche al Pensiero Unico.
2)Il giustificazionista che, per quieto vivere, accetta la visione della realtà proposta dalla politica e dai media, respingendo per dogma di fede ogni possibile alternativa. Per i giustificazionisti è intollerabile il dubbio, l’incertezza, o anche solo il sospetto che organi del Potere Economico o Politico possano usare il popolo per interessi personali e/o scopi necrofili. Nessuno di loro è disposto ad accettare il fatto che il concetto di complotto oggi potrebbe essere ribaltato, e che la macchinazione potrebbe non essere più volta a rovesciare il Potere, ma potrebbe essere stata orchestrata dal Potere stesso ai danni della gente comune.

Resta un ultimo paradosso da evidenziare: sempre escludendo gli individui fortemente disturbati nelle fila dei moderni complottisti (perché è ovvio che ce ne siano) quello che si può osservare che sono proprio loro, i complottisti, le persone più tolleranti, più pazienti e comprensive nei confronti dei loro avversari. Perché in fondo sanno che ciò che anima i loro nemici è la paura, la povertà dei loro mezzi di conoscenza, nonché il desiderio di sicurezza e di tranquillità, per realizzare i quali sono disposti a pagare qualunque prezzo. Anche la perdita della propria libertà.
Purtroppo, sono invece questi ultimi, i più intolleranti, i più rigidi, i più inferociti, perché non potendo tollerare alcuna minaccia al proprio fantasioso mondo di giustizia e bontà (sono i succubi del “Mulino Bianco”), sono sempre pronti ad umiliare, ingiuriare se non addirittura denunciare o aggredire chiunque voglia ridimensionarlo ai loro occhi.

Non credo esistano vie semplici per dirimere questa grande frattura prodottasi nel tessuto sociale. Ma una soluzione ci sarebbe: coltivare una nuova coscienza fondata su un pensare non più ancorato al sistema neuro-sensoriale. È quello che la scienza dello spirito ha indicato come Pensiero Vivente, l’unica attività interiore dell’uomo in grado di esaminare il “dato” in quanto semplice “dato” che necessita della contemplazione pensante dell’uomo per manifestare la complessità a cui rimanda.
Perché il “dato è dato al pensiero”, ci raccomandò di ricordare sempre Massimo Scaligero, ma solo un pensare in grado di risalire alla propria fonte di vita può sperare di coglierne la Verità in tutta la sua portata. 

sabato 28 marzo 2020







Con queste parole non ho alcuna intenzione di mancare di rispetto al Mantra dal quale le ho riprese, ma ho voluto solo sottolineare che molto probabilmente, come umanità, ci troviamo davanti a una svolta molto significativa. Più significativa di tante altre che, comunque, in un modo o nell’altro, abbiamo già attraversato. Stiamo vivendo in un momento storico le cui determinanti sono molto complesse e suppongo che occorreranno molti sforzi e molto tempo per riuscire ad osservarle tutte. Perciò questo articoletto vuole offrire soltanto degli spunti che, magari tra i tanti altri, ci porteranno un giorno a comprendere di che cosa siamo testimoni.

Ho esercitato come psicoterapeuta per quarantacinque anni e credo perciò di poter affermare, in piena coscienza, che mai avevo avuto modo di osservare un panorama anche soltanto lontanamente simile a quello che in questi giorni sto osservando.
Mi riferisco, è ovvio, alla pandemia che da mesi sta imperversando ma che sto provando ad osservare da un punto di osservazione tutt’altro che ordinario.
Cercherò di spiegarmi meglio.
Il virus che sta dilagando in Italia e nel resto del mondo, a prescindere dal fatto che esso sia il risultato di una mutazione naturale o di una manipolazione genetica, è una ben precisa realtà… e i suoi effetti per la vita e la salute corporea di tutti noi sono (statisticamente parlando) più o meno gravi. Ho scritto “più o meno” perché i dati che ci vengono forniti non sono attendibili, ed è possibile che il numero dei decessi sia almeno in parte sovrapponibile a quello dichiarato negli altri anni. Ciò nonostante sembra innegabile la sua velocità di propagazione (anche se a prescindere dalle cause che la determinano: 5G? Polveri sottili?) e, soprattutto, la sua aggressività (ma sempre a prescindere da cause non ancora chiare: gravi stati di panico che annichiliscono il sistema immunitario? Vaccinazioni pregresse? Predisposizione per età o altre malattie?).
Certo, invece, è lo stato di emergenza e la non possibilità del Sistema Sanitario Nazionale di fargli fronte, a causa degli sconsiderati tagli economici subiti in quest’ultimo decennio che hanno messo in ginocchio una delle tante eccellenze italiane.
Insomma: ci troviamo in questa situazione che, occasionando una restrizione pressoché totale delle libertà individuali, ci costringe a rimanere reclusi nelle nostre case.
Ma non è di questo che intendo scrivere perché, come avrebbero detto gli scrittori o i giornalisti di una volta: già copiosi fiumi di inchiostro sono stati spesi per raccontare tutto e il contrario di tutto ciò che sta accadendo sotto i nostri occhi. Oggi spendiamo bit… ma in fondo è la stessa cosa.
Quello che invece mi sembra interessante è provare a descrivere quello che sta avvenendo nelle anime delle persone ma, ancora una volta, a prescindere dalle dotte dissertazioni già pubblicate sulle dinamiche della paura e dell’ansia, su quelle del bisogno di molti di riuscire a trovare un “Capro Espiatorio” su quale scaricare la propria rabbia inespressa o su quelle, invece, di ubbidienza cieca promessa a una “Qualche Autorità” forte, pur di allontanare da sé qualsiasi pericolo. Anche su tutto ciò mi sembra che sia stato scritto abbastanza.
No! Piuttosto, il panorama che mi sembra di scorgere e di cui vorrei raccontare è rappresentato dal fatto che “l’evento Coronavirus” sembra essere riuscito a slatentizzare un immenso materiale psichico che, prima di questa terribile avventura, giaceva seminascosto sotto il tappeto della sala di rappresentanza dell’anima di tutti noi. In un modo o nell’altro, il rimosso è uscito allo scoperto e si sta affacciando dai balconi. Ma non per cantare “Fratelli d’Italia”, bensì per costringere tutti noi a fissare lo sguardo sul “buco nero” più o meno piccolo che tutti ci portiamo nell’anima.
Vorrei cominciare, pertanto, con un ossimoro non verbale, ma immaginifico: per quanto paradossale possa sembrare, molti di coloro che erano già da tempo in terapia stanno rispondendo meglio alla pandemia che non la maggior parte delle persone così dette “sane”. Certo non tutti. E di certo, per sostenere questo assunto, mi occorrerebbe poter fare una statistica comparativa più ampia di quella che sono in grado di fare. Per cui bisognerà che il lettore si accontenti di una mia valutazione intuitiva, anche se pur sempre basata – come avrebbe voluto Goethe - sul dato dell’osservazione.
D’altra parte, è pur vero che questo elemento paradossale era già stato osservato da molti dei miei colleghi psicoterapeuti in tempi non sospetti, se uno di loro, particolarmente creativo, mesi addietro aveva addirittura fatto girare su FB questa deliziosa storiella:

“Tutti i giorni mi capita di incontrare persone terribili!
Per fortuna poi arrivo a studio
e incontro i miei pazienti.”

Non conosco il collega che l’ha inventata ma, di sicuro, ha ben interpretato una nostra opinione comune. Perché quello che noi riconosciamo a tutti i nostri pazienti, anche a quelli che non riusciranno ad usufruire al meglio dell’avventura psicoterapica, è di aver avuto avuto il coraggio, l’enorme coraggio di mettersi in discussione e di provare a guardare il Drago negli occhi.
Credo perciò che l’apparente paradosso di cui sto parlando sia determinato da questo semplicissimo dato di fatto: le persone in terapia sono già in guerra con i propri fantasmi! Hanno sollevato il tappeto, si sono armati di ramazza e stanno provando a fare pulizia. Alcuni ce la faranno. Altri, forse, non otterranno il risultato voluto… ma ci hanno provato, o ci stanno ancora provando e, questo, è ciò che davvero conta. Per quanto affranti o spaventati dai propri “parassiti animici” hanno trovato il coraggio di guardarli negli occhi. Sono tra le persone più coraggiose che si possa immaginare, perché avere coraggio non significa affatto non avere paura, bensì combattere la propria paura afferrando con l’Io una Volontà di profondità che non si lascia intimidire dall’apparente sproporzione di forza. I “parassiti animici” sono davvero molto possenti, perché in realtà succhiano la loro forza dall’energia vitale dell’anima a cui si sono attaccati. E, bisogna pur ammetterlo, il pensiero cerebrale, astratto e dialettico che di solito gli si oppone non è in grado di fronteggiarli. Occorrerebbe un altro “pensare”… Tuttavia la “comunione di terapeuta e paziente” a volte scompagina le forze in gioco, e il miracolo si realizza.
Ma anche a prescindere da questo, io credo che sia questo il motivo per cui “l’evento Condivirus”, con il suo improprio carico di morte, di paura, di isolamento, d’inimmaginabili conseguenze sul piano economico e politico, non abbia colto molti pazienti psicoterapici impreparati: loro erano già in guerra con sé stessi e, chi più chi meno, avevano già smesso di raccontarsi menzogne.
E così, nel mio piccolo, registro che alcuni pazienti, affetti da una serie di squilibri psichici che si scaricavano sul corpo, creando sintomi invalidanti e persistenti, costretti a fermarsi… stanno meglio! I dolori sono scomparsi o, come minimo, sono attenuati. Una sorta di calma piatta ha preso il sopravvento e ha tranquillizzato la mente e il corpo. Le ristrettezze imposte hanno realizzato ciò che il pensiero ordinario era incapace di realizzare.
E ancora, paradosso tra i paradossi, vengo a conoscenza che addirittura alcuni ipocondriaci si sono placati… come se, di fronte al pericolo reale, i timori assurdi e privi di contenuto si fossero volatizzati. Perché adesso il nemico è lì, pur nella sua invisibilità, perciò bisogna rimboccarsi le maniche e combattere sul serio.
Registro di persone che hanno trovato il tempo di guardare più intensamente e profondamente in sé stesse e, di fronte ad una emergenza la cui violenza non è comparabile alle fisime sciocche ed inutili che prima le occupavano, assaporano un maggior equilibrio. Intravedono una luce là dove prima c’era solo il buio.
Registro persone che, con timidezza, si riaccostano al mondo dello spirito. Non tanto alla religione, quanto piuttosto a intuizioni velate sulla natura spirituale ultima del mondo, sul significato sacro della vita e sul mistero del proprio destino.
Registro una rinnovata voglia di comprendere meglio sé stessi e le persone che ci circondano, il desiderio di conoscere la verità e di smettere di credere alle favole che i Padroni del Mondo si sforzano di promulgare.
Certo… registro pure cedimenti, regressioni apparentemente ingiustificate, recrudescenze dell’ansia e dell’angoscia, stati di agitazione. Ma sono fenomeni che ben si inseriscono in uno squilibrio già riconosciuto, in un malessere che non può sorprendere e in una difficoltà del vivere con la quale, da tempo, si stavano facendo i conti.

Tutt’altra cosa per chi, nell’epoca dell’anima cosciente, non ha mai seriamente pensato di mettersi in discussione. Qui, “l’evento Condivirus” sta facendo stragi. Perché la sua invisibilità (propria dei fantasmi), la sua potenziale violenza, l’isolamento assoluto a cui costringe, almeno per il momento, le fosche previsioni che lascia intravedere sul futuro di tutta l’umanità, hanno colto molte persone impreparate. O meglio, le ha colte mentre erano in piena funzione i consueti meccanismi di difesa che tutti noi terapeuti ben conosciamo – rimozione, repressione, negazione, sublimazione e altri ancora – e li ha scompaginati. I giochi sono saltati, i nodi sono venuti al pettine, le menzogne si sono dissolte come neve al sole e hanno lasciato molte persone nude, vulnerabili e spaventate non solo di fronte al virus in quanto tale, bensì di fronte a tutti i fantasmi che il virus ha slatentizzato.
È in questo quadro, ad esempio, che va interpretata la paura della morte che imperversa oggi tra molte persone: non ci hanno mai davvero pensato (se non in maniera astratta e vacua). La medicina aveva promesso loro cure immaginifiche, i modelli ostentati dalla TV e dalle riviste patinate sono quelle di giovani, sani, belli e vincenti, la guerra non esiste se non quella sporca in paesi più o meno sconosciuti e la miseria non li ha mai riguardati poi troppo da vicino. E invece, adesso, all’improvviso, il sipario si è sollevato e la morte, il male, il pericolo, la guerra, sono tutti lì e li guardano con un sorriso beffardo dipinto sul loro volto di pietra.
“Non era vero niente… la vita non è una piacevole passeggiata come molti ci avevano fatto credere e, forse, nasconde un segreto che non conosciamo. Ma dov’è? Chi lo conosce? Come raccapezzarsi di fronte all’orrore?”
E penso altresì al problema della solitudine. Quella vera, reale e tangibile, che però fino a pochi mesi fa era stata occultata tra lavoro, relazioni occasionali, amici, sport e interessi di vario genere. La osservo e la confronto a quella “negata”, quella di chi pur stando “insieme” è più solo che mai. Come hanno decretato tanti studi di esimi colleghi, è la solitudine peggiore, quella che di più fa soffrire. E quante coppie, quanti nuclei familiari si trovavano in questa situazione? Quanti, aiutati sempre dal lavoro, da amanti occasionali, dagli amici o dallo sport by-passavano allegramente la loro più autentica solitudine interiore? Arriva il Condivirus, obbliga alla segregazione, e l’equilibrio salta, la vita dell’anima va in pezzi perché i dissidi, l’ostilità negata, l’indifferenza e il disamore non sono più occultabili.
E ancora: penso allo sguardo di molti che, inevitabilmente, corre verso il futuro. Cosa ci riserva? Che cosa accadrà? I più ingenui e i più ostinati continuano a sperare che magari tutto tornerà come prima… e hanno paura di confrontarsi con il fatto che, molto probabilmente, nulla più invece sarà come prima. Il mondo sta compiendo un giro di boa, e a prescindere dal fatto che non è ancora possibile intuire la direzione che prenderà, di sicuro nulla sarà mai più come prima. Quando usciremo dal bunker e ci guarderemo negli occhi vedremo qualcosa che non avevamo mai prima osservato: una Realtà Altra, un mondo sconosciuto, un uomo del tutto diverso… forse peggiore, ma forse migliore.
Per ora non è dato saperlo, ma questa consapevolezza inconscia circola nell’animo di tutte le persone, e molti non sono preparati ad affrontarla. Avvertono inquietudine, angoscia, disperazione… e l’attribuiscono al Coronavirus. Ma non è lui il vero problema. Lui ha semplicemente sollevato il tappeto e portato il problema alla luce del sole.

E così eccoci qua, tutti con l’anima allo scoperto. Cosa ce ne faremo?
Difficile dirlo.
Ci sono tutti i presupposti per una discesa verso il sub-umano… così come ci sono tutti i presupposti perché la componente migliore di noi trovi il coraggio di affermarsi. E non importa quale potrà essere lo scenario che i Padroni del Mondo si sforzeranno di imporci: è nelle trincee, nelle prigioni, nei lager, negli ospedali, che l’umanità ha sempre dato il meglio di sé. E la ragione è ovvia: chi ritrova sé stesso sperimenta con il cuore che la nostra natura più autentica e profonda di esseri umani “non è di questo mondo”.
Noi apparteniamo al cielo!